vecchi pensieri 73 (Dritto e rovescio)

Dritto e rovescio

Si rimane un po’ perplessi se un giudice ci telefona per verificare gli eventuali legami con un nostro omonimo, del cui caso si sta occupando. Anche apprezzando il gesto, viene spontaneo riflettere sul fatto che certe apprensioni possono radicarsi solo nel nostro hinterland culturale. Chi indossa la toga, e lo fa in scienza e coscienza, sperimenta giornalmente i mali dell’apparato giudiziario. Sa che i “clienti” dei tribunali si trovano, spesso loro malgrado, inseriti in una sorta di gioco dell’oca disseminato di trabocchetti così da rendere incerti i tempi e gli esiti della causa. Sa che per gli imputati e per gli attori eccellenti sono state costruite delle corsie preferenziali per giungere alla definizione di un giudizio conforme ai loro desiderata. Quanto deve sorprendere se un magistrato, dopo aver preso atto che l’intero sistema è disfunzionale ad un’equa amministrazione della Giustizia, ritiene consono aiutare un amico? Le battaglie contro il Diritto sono ormai datate ma, in questi ultimi anni, le catapulte degli assedianti vengono usate soprattutto per lanciare pietre contro la Costituzione. Proprio in questi giorni si è accesa la polemica relativa alla creazione di un Dicastero la cui finalità precipua è quella di garantire al neo ministro la possibilità di avvalersi del “legittimo impedimento” per non presentarsi alle udienze come imputato di ricettazione ed appropriazione indebita. All’estero si chiedono come possiamo sopportare tutto ciò. La domanda è ancor più giustificata dal distacco che la politica esprime nei confronti delle emergenze economiche e finanziarie del Paese. A fronte di una legislazione divenuta ipertrofica al solo fine di garantire l’impunità alla classe dirigenziale, assistiamo ai delitti quotidiani consumati contro le piccole imprese e i lavoratori dipendenti. Si è da poco conclusa la manifestazione della Cgil, che ha visto scendere nelle strade cittadine un milione di persone. Prossimamente, dalla Federazione della Stampa, sarà coordinata una piazza dei diritti e delle libertà, che cercherà di superare gli steccati dell’”appartenenza”, contro i tagli iniqui e i bavagli di varia natura elargiti dai governanti. Forse i rituali di un tempo che fu non sono più adeguati alla gravità delle circostanze. Sulle nostre teste si è addensato un immenso strato di nuvole minacciose, dovuto sia alla crisi dell’intera Ue che alle ossessioni legislative della “casta”, incurante dei problemi reali dell’Italia. La cruciale situazione europea vede la stessa Svizzera in guerra contro i quarantamila frontalieri italiani che accettano paghe troppo basse tanto che, in Ticino, persino i socialisti e il sindacato stanno infrangendo il fronte della solidarietà tra lavoratori. Il turbocapitalismo della globalizzazione sta producendo danni ovunque e, in Eurolandia, sta vedendo l’affermazione di una destra inconsuetamente propensa alla politica delle tasse da far pagare prevalentemente ai più poveri. Sembra che l’imperativo dei governanti, tralasciando gli stimoli alle economie e abbandonando i sostegni al Welfare State, sia solo quello di riportare i conti pubblici sotto controllo. Viene spontaneo dedurre che se i disagi sociali crescono i consumi calano. In presenza di tale fenomeno come si potrà evitare una recessione lunga e profonda? Mentre il premier discetta sulle “assolute necessità” degli Italiani, di cui egli stesso è propugnatore ante litteram, il ministro del tesoro stringe i cordoni della borsa e spreme le meningi per non intaccare rendite e privilegi. Quando ci regaleranno la prossima manovra finanziaria a spese di chi sta sempre peggio? Non è lecito supporre che G. Tremonti, pur di non mettere le mani nelle tasche dei suoi amici, potrebbe deprimere ulteriormente il potere d’acquisto degli Italiani incrementando le aliquote Iva?. La marcia congiunta dell’inossidabile duo, per usare la frase di un ex maestro venerabile, ci ha portato oltre i margini della rivolta e alle soglie della Bastiglia. Non tutto è da prendere per oro colato, ma quando aumenta il livello di sofferenza di un Popolo è probabile che si inneschino dinamiche complesse dagli epiloghi imprevedibili. Gli ultrà del liberismo alla Friedman hanno rafforzato lo Stato delle mafie, dei privilegi e degli abusi, hanno aumentato i patrimoni dei ricchi ed hanno portato tutti gli altri al regresso socio-economico. Le scelte del Governo hanno rafforzato un blocco di potere con interessi del tutto antitetici a quelli dei cittadini. Lo stupro delle leggi ad uso e consumo dei lestofanti procede all’unisono con le loro prepotenze e favorisce unicamente le loro razzie. Il livello di abiezione istituzionale si misura anche dal modo con cui ci si pone di fronte alle direttive e alle regole internazionali, che si accettano e si applicano solo se gradite a corte. E’ particolarmente significativo come il Governo abbia ultimamente rifiutato di introdurre nel codice penale un’esplicita definizione di “tortura” così come raccomandato dal Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu. Di male in peggio, a fronte di una disoccupazione in aumento e di un attacco inopinato al mondo del lavoro, lascia davvero esterrefatti la baldanza della Confindustria il cui centro studi assicura che siamo fuori della crisi. Continuando di questo passo il convoglio Paese finirà per intero fuori dei binari e i nostri incubi peggiori diventeranno quanto mai tangibili. La storia della politica italiana, “porcellum” compreso, e gli effetti devastanti dovuti all’accentramento dell’informazione televisiva, non permettono di coltivare speranze su una soluzione di tipo elettorale. Abbiamo visto cosa hanno partorito il “consociativismo” legislativo dell’opposizione “sinistra” e il radicamento capillare del sistema cooptativo. Abbiamo assistito al cambio di rotta della Lega che, da partito di lotta, si è trasformata in bizantino partito di Governo ed oggi riesce a tenere insieme, più che altro, ignoranti, individualisti e xenofobi. D’altronde il passato insegna che le rivoluzioni nascono dalle minoranze. La Società Civile annovera tante forze antagoniste e queste dovrebbero trovare il modo per coagularsi intorno ad un programma comune, finalizzato a correggere tutti quegli squilibri che appaiono sempre di più insostenibili. Quello che stiamo subendo non dipende da un imprevisto cataclisma naturale, ma è frutto di azioni criminose preparate a tavolino, che vanno contrastate con assiduità e risolutezza.

Antonio Bertinelli 27/6/2010

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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