Morire è un dovere
Da un ventennio le condizioni materiali di vita di gran parte della popolazione planetaria segnano un graduale regresso sotto i colpi della competizione internazionale e dei mercati globalizzati. Un pò dappertutto si sta verificando un attacco ai salari, alla stabilità del posto di lavoro, ai diritti dei dipendenti e alle conquiste sociali raggiunte dalle generazioni precedenti. Le richieste che salgono dalle classi subalterne si scontrano con l’avidità di un capitalismo ormai senza regole. L’idolo del neoliberismo si identifica con l’impresa privata, con l’individualismo, con la presunta sensatezza dei mercati, con il profitto e con il Pil. Questi feticci sono i nemici giurati del bene comune, del pubblico, dello Stato, delle regolamentazioni e delle tutele collettive, e lo sono aprioristicamente. In ossequio ad un’orgiastica celebrazione del privato, dove, secondo la vulgata neoliberista, regnerebbe l’efficienza, vengono sottoscritti trattati internazionali che limitano le sovranità nazionali, svuotano la funzione mediatrice degli Stati impossibilitati ad implementare politiche monetarie indipendenti, facilitano lo sfruttamento del lavoro, inducono all’abbattimento del welfare. I giochi di prestigio del capitalismo finanziario globale si riflettono sulla produzione reale dei diversi Paesi, scaricando il peso delle rapine sui ceti meno forti. Lo Stato sociale europeo, a lungo sopravvissuto agli attacchi dei critici, sta morendo dissanguato per andare in soccorso di chi ha svilito il lavoro ed ha aumentato le diseguaglianze. Scuola, pensioni, sanità, diritto sindacale, sussidi ai disabili, insomma i cardini della cittadinanza nelle democrazie, sono sotto tiro incrociato. Il welfare, dipinto solo come coacervo di sprechi e di clientele, è un lusso insostenibile che va sacrificato in nome del risanamento dei bilanci pubblici. Con l’ingresso nell’euro alle condizioni sottoscritte dalla dirigenza italiana si è realizzato il divorzio tra crescita, occupazione e redistribuzione del reddito, sono venute a mancare progressivamente le basi per il consenso e per uno sviluppo sostenibile. Agli inizi degli anni novanta dello scorso secolo si stavano concludendo dei cicli economici, ma nessuno sembra abbia voluto o potuto prenderne atto per ridisegnare l’intero panorama nazionale. L’inclinazione parassitaria del capitalismo globale ha trovato in Italia i suoi migliori cerimonieri e tanti suoi cinici protagonisti. In quegli anni Romano Prodi scrisse un breve saggio (Il capitalismo ben temperato) dove lasciava intendere che con qualche “aggiustamento” saremmo arrivati ad un sistema sociale giusto ed equo, senza bisogno di sommovimenti. Poi venne il regno di Silvio Berlusconi. Oggi la crisi incalza però, dai dati semestrali delle grandi imprese, banche incluse, appare che gli affari non sono andati male, anzi i risultati sono stati straordinari. Non è solo l’Italia a far registrare utili stellari, anche le principali imprese straniere e varie multinazionali lasciano emergere dai loro bilanci profitti di tutto rispetto. Invece, in tema di occupazione, peggio se precaria e sfruttata, non si intravede alcuna novità positiva. Per i lavoratori non ci sono dividendi. Se allarghiamo i nostri orizzonti possiamo notare che gli apologeti della massimizzazione del profitto debbono cominciare a fare i conti con gli scioperi dei cinesi e con quelli dei lavoratori tessili del Bangladesh. Non siamo ancora giunti a quelle condizioni dantesche di sfruttamento, ma va detto, e solo per limitarci al Ministero dello Sviluppo Economico, che esistono vertenze pendenti per settanta situazioni industriali drammatiche. Il verminaio italiano ha consentito all’élite globalizzatrice ed ai suoi principi ispiratori di poter attecchire meglio che altrove. Dopo aver causato un numero impressionante di cassintegrati, di disoccupati e di precari, dopo aver reso difficile le condizioni di vita di milioni di persone, la crisi, prodotta da un gigantesco impasto di sfruttamento e di marciume, chiama a rapporto i disabili. Invece di far pagare, almeno in parte, i costi del disagio a chi realmente l’ha prodotto (banche ed imperi finanziari), la politica, travolta da una teoria infinita di ruberie e di malaffare con sigillo bipartisan, presenta il conto persino a chi subisce una delle peggiori precarietà esistenziali. Secondo Giulio Tremonti “Questo è un Paese che ha due milioni e settecentomila invalidi e si pone la questione se un Paese così può essere ancora competitivo”. Nell’Italia dei “decessi bianchi”, dove un figlio di 23 anni, che muore schiacciato sotto alcune travi, non merita neanche un indennizzo economico, accade di sentire anche questo. E pensare che cotanto ministro, durante il meeting 2009 di C.L., tenne una lezione su Dio, patria e famiglia. La battaglia contro i finti invalidi è naturalmente legittima ma il Governo ha colpito i disabili veri ed i loro familiari. Fino ad oggi sono state revocate quarantamila pensioni di invalidità e l’Inps ha in programma di effettuare verifiche, nell’arco di quattro anni, senza adottare un criterio minimo di screening, su circa ottocentomila soggetti. Esiste una “piaga” dell’assistenzialismo o è in atto una caccia alle streghe? Dato che diverse istituzioni, come ad esempio l’assessorato dei servizi sociali della Regione Veneto, hanno più volte affermato, sulla scorta delle visite precedentemente effettuate, che non esistono falsi invalidi, ci è dato supporre che la ratio legis sia diversa rispetto a quella propalata dai trombettieri del regime. Anche in presenza di truffe, così come riportato alcune volte dalle cronache, non è forse lecito pensare che le pensioni revocate riguardino prevalentemente disabili veri a cui è stata ridotta la percentuale di inabilità di uno o due punti? Quanti tra i quarantamila “falsi” non hanno mai ricevuto avvisi dall’Inps? Quanti sono i genitori con figli autistici e deficit mentali medio-gravi? A fronte del finto cieco sorpreso alla guida, quanti invalidi veri esistono a cui non è stata mai accordata la pensione? Quanti sono i titolari degli assegni revocati denunciati all’autorità giudiziaria per aver indotto in errore, con artifici e raggiri, le commissioni mediche che hanno loro concesso l’assegno di invalidità? Ci sembra evidente che, nel caso fossero state perpetrate delle truffe, i quarantamila “imbroglioni”, dovrebbero essere deferiti alla Magistratura, insieme ai medici che hanno certificato degli handicaps inesistenti. E’ bene ricordare che l’assegno mensile di assistenza è attualmente riconosciuto ai disabili civili con invalidità accertata oscillante dal 74% al 99%. L’importo mensile è pari a 256 euro. Per godere dell’assegno bisogna inoltre essere iscritti alle liste di collocamento e non superare il reddito annuale di 4409 euro. Nell’Italia dove il malaffare tangentizio grava sui cittadini per cinquanta/sessanta miliardi annui si giustifica la logica della Fiat e di altre imprese che delocalizzano. Il salario medio di un operaio serbo è di 270 euro mensili. Un operaio cinese lavora alla catena di montaggio sei giorni a settimana per 10/12 ore al giorno. Dunque alla luce di certi criteri, guardando alle infinite opportunità di fare profitto in Asia, dopo aver stravolto i diritti dei lavoratori, specialmente se giovani, dopo aver criminalizzato statali e pensionati, era fin troppo ovvio che Tremonti si dovesse occupare degli ultimi “fannulloni” rimasti, le persone malate impossibilitate a produrre reddito e comunque miseramente assistite in base ad esami medici generalmente non eseguiti con facilità e leggerezza. Le metodologie di questo Governo sono certo un pò diversi da quelli del Terzo Reich ma il modo di individuare le colpe e di addossarle sempre ai più deboli sembra arrivare direttamente da certi regimi del passato. Non crediamo che Bossi, quello di Roma ladrona, scambierebbe il proprio reddito con i privilegi che potrebbe ottenere dall’Inps senza lavorare, così come fanno altri nelle sue stesse condizioni. Secondo i corifei di Tremonti, il Pil non è influenzato negativamente dai ministri che dichiarano redditi da “quadro”, dalla deindustrializzazione, dalle ruberie sistemiche, dai doppi incarichi dei politici, dagli scudi fiscali, dai condoni immobiliari, dalle paranze che operavano all’ombra della Protezione Civile ed ovviamente anche da chi percepisce illecitamente una pensione, ma se il Paese langue è colpa dei metalmeccanici e degli invalidi. Le loro pretese sono una zavorra alla crescita e allo sviluppo del Paese. La festa per l’Unità d’Italia (che non c’è) è costata, salvo omissioni, circa ottocento milioni di euro, ma non siamo in fase di austerità tanto da spingere i più fragili ad avvertire il dovere di morire per non pesare sugli altri? Il nostro pensiero vola alla recente scomparsa di Francesco Cossiga. L’uomo, che ha vissuto da discusso protagonista gli anni più violenti dell’Italia repubblicana, che si è portato nella tomba tanti segreti inconfessabili, non ha voluto i funerali di Stato. Ci viene da scrivere che conosceva fin troppo bene certi suoi compagni di viaggio per desiderarne la presenza al suo ultimo rendez-vous. La pausa estiva volge al termine e la politica dai bilanci floridi continua, come sempre, a non occuparsi di emergenze e di fragilità sociali. Ognuno sta tirando acqua al proprio mulino e quasi tutti, in maniera più o meno consapevole, stanno implicitamente augurando lunga vita a Cesare. Se questo Governo dovesse cadere gli Italiani non dovrebbero augurarsi nuove e rapide elezioni. Con l’attuale controllo dei media qualche narciso potrebbe magari posizionarsi meglio al sole, i partiti celebrerebbero un ennesimo baccanale a spese dei contribuenti, ma l’esito del voto sarebbe del tutto scontato. C’è chi da tempo va scaldando i muscoli, ma non accordiamo alcun credito ad un esecutivo “tecnico” che, per ovvie considerazioni, potrebbe adempiere solo ed esclusivamente ai desiderata dei consueti poteri forti. Lasciamo volentieri il déjà vu alle costruzioni di muratori più o meno noti. Sarebbe desiderabile che l’inquilino del Colle, affrancandosi dalla sue stesse catene, conferisca un incarico “anomalo”, tale da facilitare la nascita di una sorta di comitato etico. Questo improbabile esecutivo dovrebbe “revisionare” almeno un paio di leggi prima di rimettere in moto la macchina acchiappa-citrulli periodicamente allestita ad uso degli elettori.
Antonio Bertinelli 22/8/2010