vecchi pensieri 62 (Senza tregua)

Senza tregua

Nonostante il rogo folcloristico con cui si è pubblicizzata l’eliminazione di un improbabile numero di leggi obsolete, avvertiamo il gravame di un apparato normativo che, di mese in mese, ne vede nascere altre per favorire grandi imprese, banche, assicurazioni, produttori di merci adulterate, baronati della sanità, predoni di beni pubblici, grandi ladri ed avventurieri della finanza estrosa. Come se non bastasse, a smentire l’amore di Bersani per la Carta “migliore del mondo”, i soliti pidini continuano ad offrire i loro servigi ai responsabili del cantiere adibito a sferrare la definitiva spallata contro il dettato costituzionale. Grazie agli inconfessabili accordi tra “sinistri” e “destri”, membri dello stesso circolo in perenne simbiosi con i poteri forti, ogni condotta illecita è stata convertita in profitto legittimo. Quando si incontrano difficoltà a rimodulare la legge secondo i desideri del padrone ci viene detto che violarla è cosa buona e giusta. Il rapporto tra pena e comportamento sociale patologico è del tutto sbilanciato. I poveracci finiscono in galera, e in alcuni casi ne escono cadaveri, mentre i protagonisti dei grandi saccheggi restano impuniti. In un quadro legislativo apparentemente dissociato, con un sistema giudiziario inefficace, nella nazione dove gli abusi di potere e la corruzione sono sistemici, per chi si sente diffamato continua ad esistere la possibilità di chiedere riparazione in tribunale. Nel Paese che ha perduto ogni riferimento etico c’è ancora chi bada al prestigio personale e contribuisce ad intasare la macchina della Giustizia dando vita a procedimenti con tempi biblici e dagli esiti incerti. Di sicuro chi imbastisce certe cause vede traballare l’immagine e la realizzazione del sé. A volte i motivi che spingono all’azione giudiziale sono oggettivamente condivisibili, a volte denotano una bizzarra percezione dell’onorabilità, spesso sono solo intimidazioni rivolte a chi ha l’audacia di mettere a nudo i limiti di qualche personaggio pubblico. Non poche di queste citazioni in giudizio lasciano apparire solo le code di paglia degli attori che, incoraggiati dalle blande conseguenze riservate per legge alle liti temerarie, possono usufruire dell’istituto giuridico ad abundantiam per tenere sotto scacco chi esercita il diritto di critica, peraltro costituzionalmente garantito. Trascinare in tribunale chi continua a pensare, a parlare e a scrivere senza chiedere il permesso, specialmente se non può contare sull’assistenza di agguerriti studi legali, è un modo semplice per educare la gente al silenzio o peggio ancora all’omertà. Le azioni criminose di chi occupa i centri di potere incidono sulle dinamiche macropolitiche e macroeconomiche, accelerano il degrado civile e il declino economico del Paese, già investito dalle turbolenze della globalizzazione che stanno spazzando il resto dell’Europa. L’art. 21 della Costituzione non è sufficiente a proteggerci dai misfatti delle classi dirigenti nazionali, né dai programmi delle oligarchie internazionali, ma va difeso ad oltranza onde garantire quel minimo d’informazione necessario per pararsi le terga dai disegni degli “illuminati” che banchettano in Italia, che hanno spinto la Grecia nella condizione odierna e che stanno spingendo l’Eurozona verso la terziarizzazione dell’economia. In cambio di liquidità il Governo greco ha ceduto il flusso dei diritti futuri di atterraggio versati dalle compagnie aeree agli aeroporti del Paese, ha ceduto i ricavi delle sue lotterie, ha sottoscritto un contratto di “interest rate swap” tra Goldman Sachs e la Banca Nazionale, ha concluso altre operazioni analoghe con rilevanti perdite proiettate sul lungo periodo. L’attuale “salvataggio” del bilancio ellenico è stato possibile consentendo ai soccorritori europei di ricorrere ad artifici contabili e monetari le cui ricadute saranno tutte da verificare. Il sacco dello Stivale, con quelle privatizzazioni e con quelle liberalizzazioni fittizie che hanno reso impossibile qualsiasi controllo pubblico sulle aziende strategiche (banche, energia, trasporti, telecomunicazioni, siderurgia, etc.), è cominciato nel 1992 sotto il patrocinio della corona inglese e continua ancora oggi su quello che è rimasto da spolpare. Malgrado la situazione italiana non sia delle più rosee, bisogna fare i conti anche con l’insofferenza di chi si sente diffamato dalla pubblicazione dei suoi trascorsi e con chi ricorre alla Magistratura perché un cronista gli ha fatto troppe domande. Ma cosa dovrebbero fare i cittadini sottoposti al dispotismo dei mercati transnazionali, inseriti in un contesto sociale frammentato, privati del lavoro, con gli stipendi pignorati per la morosità delle aziende da cui dipendono, alla mercè di affaristi privi di scrupoli ed assoggettati a piani di austerità sempre più duri per il debito potenzialmente inestinguibile contratto dall’Italia? Il nostro modello socioeconomico è stato rivoluzionato, il canovaccio programmatico di chi governa si è sostituito alla tutela degli interessi collettivi, le delocalizzazioni industriali fanno involare le fabbriche nei paesi ad economia emergente lasciando a terra gli addetti e il loro know-how. Le lacrime e il sangue di prodiana memoria, con il crescente depauperamento del capitale comune, sono un’inezia di fronte al linguaggio asettico delle cupole bancarie anglo americane a cui gli Stati hanno ceduto prima la loro sovranità monetaria ed oggi, per evitare la bancarotta, stanno cedendo il controllo del loro territorio e delle loro ultime risorse. I “piani di rientro” in stile FMI e/o UE significano la riduzione delle aspettative di vita, il decremento dei redditi, lo smantellamento dei servizi sociali, la contrazione dell’assistenza sanitaria e l’arretramento dell’istruzione pubblica. In altri termini le nazioni finiscono per assumere sempre di più i connotati di economie a pedaggio dove ognuno è obbligato a pagare ovunque e comunque una quota d’ingresso anche solo per vivere, dove i bisogni primari non sono garantiti e i morsi di un’esistenza precaria si fanno sentire. Nel futuro che ci sta preparando la razza “eletta” forse mai più nessun giornale oserà pubblicare le gesta di allegre combriccole dedite allo sciacallaggio o il discutibile cursus honorum di un politico, di un banchiere, di un pirata della finanza, ma è certo che anche i numeri trentatre delle varie confraternite non saranno altro che numeri. Alla nostra stessa conclusione può ben arrivarci anche chi sottoscrive tutto con impareggiabile nonchalance.

Antonio Bertinelli 4/5/2010

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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