Secche a prua, avanti tutta
Mentre in questi giorni l’utenza è finita nel girone infernale prodotto dal flop del sistema informatico ai correntisti postali è stato notificato che da settembre gli interessi sui depositi passeranno dallo 0,15% allo 0%. Per il nono anno consecutivo Poste Italiane Spa ha chiuso il bilancio in positivo con oltre un milardo di utili. Le azioni del gruppo sono per il 65% possedute dal Ministero dello Sviluppo Economico e per il restante 35% dalla Cassa Depositi e Prestiti, controllata, a sua volta, per il 70% dal Ministero dell’Economia. Non è certo un delitto conseguire dei profitti, ma va sottolineato che il fiume di denaro è andato nelle tasche dei soliti amici degli amici aggirando come di consuetudine le regole del mercato e le dinamiche della concorrenza. La “razionalizzazione” organizzativa, con cui si spiegano i brillanti risultati della Società, si evidenzia nelle file chilometriche agli sportelli, nella trasformazione degli uffici in bazar dove si può acquistare di tutto, nell’impiego di personale precario e nella scarsa attenzione per l’efficienza del servizio postale. Di certo costituivano un peso anche i settecentomila conti “dormienti” estinti d’autorità. A distanza di tre anni dalla “confisca” dei risparrmi, malgrado la richiesta di recupero formalmente documentata, tanti malcapitati stanno ancora aspettando la restituzione dei propri soldi. Le dichiarazioni alla Robin Hood si sono rivelate un grande bluff ed il peso del debito pubblico grava solo sui “fuori-casta”. Spesso ondivago nelle esternazioni pubbliche, a volte equilibrista e contraddittorio nei suoi scritti, il Ministro del Tesoro è sempre coerente nell’infilare di soppiatto le mani nelle tasche di chi non può difendersi. I recenti disservizi postali sono una faccenda da avvocati, riguarderanno le associazioni dei consumatori, peraltro politicamente ammanicate e generosamente foraggiate con denaro pubblico. Un conto corrente si può chiudere o, se proprio non se ne può fare a meno, lo si può tenere attivo con il minimo indispensabile. Si può rinunciare all’impiego di carte di credito ed evitare di chiedere finanziamenti per acquistare inutili beni di consumo. Con un minimo di diligenza è possibile non sottoscrivere contratti per adesione. Si può cinicamente prendere atto che la Costituzione, nell’ultimo ventennio, anche per quanto riguarda l’art. 47 “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. (…)”, si è tramutata nel libro dei sogni. Giulio Tremonti, in uno dei suoi soliti refrains, ha dichiarato di aver garantito il risparmio delle famiglie e la coesione sociale. Di fronte a certi suadenti politici è difficile difendersi dalle innumerevoli azioni dei lestofanti che hanno occupato lo Stato. Molte volte sembra che siano in contrapposizione tra loro, alcune volte lo sono davvero, generalmente sono affratellati da un mieloso girotondo, mano nella mano, certi di far pagare, come avviene di solito, Pantalone. Il capro espiatorio da dare in pasto all’opinione pubblica si trova sempre. Ci sono i fannulloni della P.A., gli insegnanti “comunisti”, i falsi invalidi, i lavoratori in nero, i metalmeccanici della Fiom, insomma secondo Tremonti & Co il ramo secco del Paese è un esercito di scrocconi che vive approfittando del welfare e che rifiuta ogni innovazione imprenditoriale. Da Nord a Sud, isole comprese, ci sono opere pubbliche mai finite che hanno bruciato miliardi di euro e che continuano ad ingoiare finanziamenti. Cattedrali nel deserto, carceri nuove e mai ultimate, celle abbandonate e ormai in rovina. Per i tre giorni del G8, tra la Maddalena e L’Aquila, sono stati buttati al vento oltre cinquecento milioni, con appalti affidati ai soliti noti. Consulenze, incarichi politici plurimi e progetti mai realizzati pagati a peso d’oro. Onerose privatizzazioni di servizi sanitari. Affitti che vengono pagati dagli enti pubblici per sedi che potrebbero essere costruite con minore spesa. Censimenti milionari per inventariare beni regionali. Appalti truccati, corruzione diffusa, beni pubblici svenduti per un piatto di minestra, enorme parassitismo ed incapacità del ceto dirigente, guerre umanitarie a rimorchio dell’Impero. Senza dimenticare i trecentocinquanta milioni buttati per posticipare i quattro referendum in programma domenica e lunedi prossimi, l’elenco degli sprechi non trova fine. E’ di questi giorni la notizia sui dispositivi duplex (carta d’identità e tessera sanitaria insieme) la cui realizzazione non sarà effettuata dal Poligrafico dello Stato. Un affaruccio privato che solo per l’avvio, non tenendo affatto conto dei milioni spesi precedentemente per le tessere a banda ottica, costerà agli Italiani un miliardo e mezzo. Gli interessi di chi governa o di chi si propone come futura alternativa, strizzando l’occhio a vecchi e nuovi padroni, non collimano assolutamente con quelli della gente comune. La prossima occupazione della Val di Susa da parte di un migliaio di poliziotti per consentire l’inizio della linea ferroviaria Torino – Lione, dispendiosa, inutile e quasi sicuramente destinata a rimanere incompiuta, conferma la regola. Lo zelo ed il rigore di Tremonti colpiscono chi sta su una sedia a rotelle, fustigano la precarietà lavorativa, la disoccupazione, le pensioni modeste, sono accompagnati dal coraggio quando sparano nel mucchio. Calano di tono davanti alle cricche, quando l’Italia è obbligata a sganciare bombe in Libia o i suoi compagni di partito pretendono di spostare alcuni Ministeri in “Padania”. Il nodo scorsoio del debito pubblico ha gelato l’economia e l’occupazione in Grecia, Irlanda e Portogallo. Nel tentativo di realizzare la quadratura del cerchio voluta dalle maggiori banche, altri paesi seguiranno a ruota. I tagli orizzontali alla spesa e l’inesistenza di investimenti lungimiranti, alla luce di quanto stabilito dal Nuovo Patto di Stabilità targato Ue, magari pur svendendo qualche ridente vallata alpina o qualche piccolo arcipelago, non faranno altro che portare un italiano su quattro in zona povertà.
Antonio Bertinelli 9/6/2011