Il ballo degli gnomi
La guerra di Segrate sulla Mondadori, iniziata ventitre anni orsono, è giunta alla sentenza civile di secondo grado. L’ovvio disappunto della parte soccombente ed il tentativo di bloccarne l’esecutività fino al pronunciamento della Corte di Cassazione hanno riproposto il tema sempre attuale della Giustizia dai percorsi tanto accidentati quanto differenziati. Già altri hanno fatto le loro confessioni di ospiti in tribunale senza avere santi in paradiso. Anche a noi è capitato di perdere in primo grado di fronte ad un debitore “potente”. Le motivazioni della sentenza sembrano aggirare palesemente quanto stabilito dalle norme e non depongono a favore di chi l’ha redatta, eppure, su precetto della controparte, siamo stati costretti a pagare tutte le spese derivanti da un inevitabile contenzioso giudiziale. Se mai otterremo ragione riusciremo ad avere indietro il dovuto insieme a quanto già pagato? Non ci interessa sapere se l’ultimo calcolo effettuato per liquidare il danno subito dalla Cir sia più o meno congruo, resta il fatto che le persone comuni, anche quando incrociano il magistrato che non vorrebbero mai incontrare, e a molti sta capitando troppo spesso, sono costretti a mettere mano al portafoglio subito, senza se e senza ma. A chi si imbarca in un procedimento civile, prescindendo dall’esito finale, rimarrà per sempre il sapore di un’esperienza amara. Che l’amministrazione della Giustizia sia stata boicottata per via legislativa, e non solo dai governi di centrodestra, è un fatto inconfutabile, ma non può essere questo un alibi da usare in ogni frangente. Ci sono mali più profondi che non dipendono dall’azione corrosiva e sistematica della “casta”. E’ stato recentemente detto che i magistrati iscritti alla P2 furono espulsi dal Csm. Fatta eccezione per due/tre casi, gli altri, variamente censurati dall’organo di autogoverno, rimasero comunque in servizio. Alcuni, come il genero di Licio Gelli, fecero carriere brillanti, qualcun altro, in qualità di Gip, nel 2002, ricorse ad arzigogoli giudiziari per difendere a spada tratta Marcello Dell’Utri, e contro un altro giudice. Le bugie, i silenzi, il conformismo ed altri rapporti inconfessabili rendono più agevole la progressione degli incarichi. E’ legittimo che si denunci l’arroganza infinita della politica, ma non è ammissibile che, davanti a molteplici e giustificate critiche, la Magistratura si nasconda dietro alcune figure emblematiche. I suoi “eroi”, a volte anche martiri, non hanno nulla a che vedere con chi è incompetente, colluso, schiavo delle proprie ambizioni, al servizio di qualche confraternita o comunque succube della parte in causa più forte. Purtroppo la malagiustizia non direttamente imputabile all’azione criminogena del legislatore ha assunto dimensioni di tutto rispetto. L’elenco degli “errori” e delle disfunzioni è lunghissimo. Solo per limitarsi agli “svarioni” giudiziari basta riandare con la memoria al blog ormai dismesso di Gaetano Dragotto, Procuratore Generale di Ancona, non riconfermato in carica dal Csm. Minimizzare certe storie, o peggio negandole, significa farsene complici. Sbaglia chi ritiene che non dovendo ricorrere oggi all’apparato giurisdizionale non sia toccato dal problema. Le rovine della Giustizia, per una ragione o per l’altra, invadono la vita quotidiana di tutti gli Italiani. Non è da escludere che, ricorrendo allo scrutinio segreto, mercoledì prossimo la camera dei deputati individuerà per l’ennesima volta il fumus persecutionis nei confronti di un suo membro, ma il prevedibile epilogo è forse più allarmante di quanto appaiano alcune sentenze? Pensiamo all’assoluzione dei responsabili della Tricom di Tezze e alle sue vittime, alla condanna di dodici lavoratori che occuparono la sede di Agile-Eutelia per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi, ai trecento lavoratori della Nuova Siet di Taranto che da oltre dieci anni attendono il ripristino della legalità, al licenziamento dei tre operai di Melfi, alle disavventure giudiziarie di Fabrizio Adornato indotto a fare lo sciopero della fame a ridosso del Quirinale. C’è una miriade di storie vecchie e nuove che vedono il Csm fare quadrato intorno all’indifendibile. Si va dall’archiviazione del procedimento, dove le “cantonate” del magistrato vengono formalmente accreditate come fondamenti dell’attività giurisdizionale, al rimedio del “promoveatur ut amoveatur”. Dopo il feroce assassinio del Sostituto Giangiacomo Ciaccio Montalto, negli armadi della Procura di Trapani vennero alla luce alcuni scheletri di cui era a conoscenza anche il capo della stessa. Quale criterio venne adottato per il trasferimento di Giuseppe Lumia in Cassazione? Dallo spessore di ognuno e dagli interessi dei rispettivi padrini è naturale attendersi che i maggiordomi della politica solidarizzino tra loro per raggiungere le vette massime dell’impunità. Proprio a motivo della specificità del ruolo rimane invece del tutto inaccettabile per chiunque che le “deficienze” di un magistrato possano trovare comprensione o peggio omertà tra i suoi stessi colleghi. Se qualcuno intervenisse per evitare che Fabrizio Adornato si lasci morire d’inedia sarebbe un buon punto da cui cominciare.
Antonio Bertinelli 17/7/2011