vecchi pensieri 121 (Senza solfeggio)

Senza solfeggio

A volte scrivere è un limite, è un’ammissione d’impotenza politica, è un cedere alla seduzione della parola pensando di poter cambiare quanto stabilito dal Sovrano. Disse George Orwell: “Scrivo perché c’è qualche menzogna che voglio denunciare, qualche fatto sul quale voglio attirare l’attenzione”. Pensare in libertà e disvelare le apparenze ingannevoli può dunque arginare gli effetti di quella politica basata sulle tre effe già care a Ferdinando di Borbone: farina, feste e forca. Per alcuni la sfida potrebbe essere quella di fuggire dall’immutabilità della classe dirigente-delinquente, per altri la sfida potrebbe essere il tentativo di limitarne i danni, dovuti anche all’assuefazione di chi subisce. Quando ci si adatta a tutto non si trova più nulla di cui stupirsi, di cui lagnarsi e per cui lottare. Il sigillum realitatis rende implicitamente “normale” qualunque avvenimento guidato dall’alto. Una volta le file ai caselli autostradali, adeguati per numero e per addetti alla riscossione del pedaggio, erano episodiche e comunque veloci nello scorrere. Oggi, con l’automazione dei varchi e con la quasi totale scomparsa del personale addetto all’esazione, entrare ed uscire da un’autostrada richiede a volte tempi impossibili. Come invita a fare la pubblicità televisiva, anche se non si viaggia spesso, basta dotarsi dell’opportuno apriti sesamo Fornendo al Grande Fratello un altro mezzo di tracciatura personale e pagando un canone mensile in aggiunta al pedaggio, ci si può dotare di telepass. La “saponetta” da collocare sul cruscotto è l’indispensabile viatico per non finire in coda. Come è diventato usuale pagare le tasse sulle tasse diventerà usuale pagare un sovrappiù per entrare ed uscire felicemente da un’autostrada. Le file erano una caratteristica dell’Evil Empire di cui i cantori dei paesi “liberi” si facevano beffa. Attualmente la corruzione diffusa nelle democrazie occidentali, oltre all’ingrossamento delle file dei poveri negli Usa ed in gran parte d’Europa, ha prodotto recessione, disoccupazione, crisi finanziaria, stretta bancaria e tensioni sociali crescenti. Affidare al Web le proprie riflessioni sullo stato dell’arte nazionale non può essere la sola panacea, ma può accendere qualche lampadina sull’attività del Re che spesso è extra et contra legem, sui mimetismi parlamentari che hanno portato l’Italia sulla via del sottosviluppo culturale ed economico. La dissolutezza del ceto politico, le rendite che lo tengono in vita, il finto liberismo, le ricette di Milton Friedman e lo smantellamento di tutto quanto funzionava o funziona operano per la definitiva svendita dello Stato. E’ un copione già visto e, senza una rivoluzione in grado di capovolgere gli attuali assetti di potere, il Paese non riuscirà mai a cambiare il suo outlook. Dopo le razzie di cosche e camarille, dietro l’angolo si nasconde il saccheggio coloniale per via parlamentare. Lo strangolamento della Grecia si colloca nel contesto più ampio dell’ideologia monetarista collegata all’euro e delle sovranità nazionali soppresse su input delle grandi banche private. Per i governi europei, segnatamente per quello italiano, così come dimostra l’ultima terapia prescritta da Giulio Tremonti, lo slogan lagardiano “sia ripresa, sia austerità” continuerà a tradursi nella ripresa per la finanza e nell’austerità per i cittadini. Tutti i personaggi della ribalta pubblica sembrano muoversi sotto la stessa regia. Le eminenze del Pd, nel tenere sponda, dimostrano una capacità recitativa a cavallo tra il catastrofico ed il surreale. Un’inchiesta tira l’altra ed appare lo spaccato di un Paese occupato da un nugolo di commensali che gozzovigliano svuotando le dispense comuni. I media inseguono il nulla o le invettive che si scambiano gli attori della politica. I problemi più assillanti rimangono sullo sfondo e non si può attendere che cada questo esecutivo continuando a nascondersi dietro un dito. Nel XIX secolo l’emofilia colpì molti membri delle famiglie reali di Germania, Inghilterra, Russia e Spagna. Tutti i soggetti colpiti erano discendenti diretti della regina Vittoria. Così come tale malattia si propagò per inaccessibili lignaggi dinastici così si diffonde l’avidità distruttiva di una casta che continua a riprodursi per partenogenesi. Maneggioni, amministratori di società, parlamentari, ministri, segretari, finanzieri, presidenti di Regione, giudici, imprenditori e banchieri indaffarati a spartirsi di tutto sono posti a garanzia di un non lontano disastro. Persino John Locke, in certi casi rassegnato ad accettare “una quieta ignoranza”, di fronte ad un potere arbitrario, riconobbe il diritto di resistenza dei popoli. Rifuggendo dai mantra delle opposizioni per caso, e a dispetto degli stessi organismi sovranazionali a cui tutti si inchinano, i novelli sudditi dovranno inventarsi, di giorno in giorno, i modi per esercitarlo.

Antonio Bertinelli 10/7/2011

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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