Politically incorrect
I promotori della libertà sono in attesa che si sciolga l’oracolo di Mirabello. Gianfranco Fini è diventato il novello omphalos della politica. Al netto degli equilibrismi finiani c’è urgenza di affrontare tutte quelle variabili che si intersecano con i metodi e le scelte di questo governo. Non va dimenticato che l’ex compagno Massimo D’Alema, illo tempore convertitosi al linguaggio e alle ricette dei cerusici del neo-liberismo, ebbe a dire: “Noi abbiamo bisogno dei capitalisti, ne abbiamo bisogno di più, e che siano aggressivi, che facciano bene il loro lavoro. Ecco perché dobbiamo fare le privatizzazioni”. I blandi effetti sul debito pubblico di quell’esortazione, peraltro largamente condivisa, sono scomparsi in un battibaleno e le implicazioni in rapporto all’assetto del Paese nella suddivisione internazionale del lavoro, dello sviluppo economico, dell’equità sociale sono ormai sotto gli occhi tutti. Tra poco arriverà un nuovo autunno caldo. Come possiamo attenderci che un qualche capitano di ventura possa mettere a punto un programma idoneo a restituire “normalità all’Italia? Le sue troppe peculiarità, berlusconismo compreso, si sono agilmente inserite in una trama dominata da forze che non conoscono confini, né controlli. Le oligarchie finanziarie transnazionali hanno messo in piedi una macchina devastante che, avvalendosi di qualunque espediente, più o meno lecito, mirando ad egemonizzare il sistema economico produttivo ed il commercio, sta travolgendo interi popoli in nome del mondialismo felice. I suoi profeti affermano che il traguardo si potrà raggiungere solo con la creazione di una Lega delle Democrazie la cui guida dovrà essere assunta dagli Usa. Per la creazione di blocchi continentali, con annessa frantumazione interna degli Stati che li compongono, siamo già a buon punto. La Ue è stato un ottimo trampolino di lancio ed è solo uno degli ingredienti di un disegno proteso a costituire un governo globale a cui si debbono aggiungere il Consiglio di Cooperazione del Golfo, l’Unione Asiatica, la Comunità Economica Eurasiatica, il Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa, l’Unione del Nord America, l’Unione delle Nazioni Sudamericane, il Sistema d’Integrazione Centroamericana, etc. Il messianismo globalista afferma di voler stabilire l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani al di là delle barriere formatesi per le diverse appartenenze nazionali. In realtà vuole che i cicli produttivi siano spalmati in diverse zone del pianeta, desidera la libera circolazione delle merci, crea manodopera in eccesso, sostiene la politica dei bassi salari, pretende la flessibilità del mercato del lavoro, incoraggia masse di derelitti a fuggire dai Paesi più indebitati per cercare migliore destino in altri territori. Dopo la caduta del muro di Berlino, certi accadimenti hanno preso sempre maggiore velocità. Il decennio 2010 sarà cruciale per tutti, Italia in primis. I guitti della politica, con i loro doppi discorsi, si dissociano dalla società civile negando con gli atti quello che affermano con le parole. Nessuno chiede spiegazioni e solo qualche opinionista “impertinente” osa mettere a nudo la scostumatezza di questo o di quel personaggio, prescindendo naturalmente dalla sua collocazione in un contesto ben più significativo e scantonando dagli argomenti più “pericolosi”. Giorni fa il Financial Times scriveva che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione a livello politico e non di superare soltanto il parossismo contingente. I riflessi della nostra situazione si leggono meglio che altrove nel rattrappimento dei consumi alimentari. Il tasso di disoccupazione è inferiore a quello europeo solo grazie alla Cig. Da Gennaio sono quasi settecentomila i lavoratori messi in cassa integrazione. I “precari in deroga”, se mai riavranno il loro lavoro, potranno aspirare ad un’instabilità protratta sine die. L’Italia è uno dei Paesi che più degli altri risente della crisi in atto e non riesce a diminuire i rischi con le proprie manovre economiche, facendo precipitare così le condizioni di reddito e sociali delle famiglie. C’è un collasso dell’economia reale interna e lo vediamo in numerosi casi: l’Eutelia, la Vinyls, l’Elettrolux, la Bialetti, la Tirrenia, la Fiat, etc. Ogni giorno muore un pezzo d’Italia. Le nefandezze della politica le sta pagando anche l’Istruzione. Vista l’entità dei tagli agli organici le classi saranno ancora più affollate dell’anno scorso e i disabili saranno costretti a misurarsi con una riduzione delle ore di sostegno riservate ad ogni allievo. I governanti dovrebbero sapere che attualmente non esiste alcuna locomotiva capace di trascinarci verso una ripresa forte e stabile dell’economia. E’ storicamente dimostrato che le politiche di austerità fanno crollare i consumi, deprimono i redditi ed inoltre diminuiscono le possibilità di rimborso dei prestiti da parte dei debitori, sia pubblici che privati. Per evitare la deflagrazione prossima ventura occorrerebbe una politica economica ben diversa da quella sottoscritta e messa in atto da Giulio Tremonti. Andrebbe rivista la progressività fiscale, si dovrebbe operare uno spostamento dei carichi impositivi, andrebbe ristretto l’accesso del piccolo risparmio, degli enti locali e dei depositi previdenziali al mercato finanziario. Tra l’altro, e più significativamente, si dovrebbe abbandonare la logica per cui solo le grandi imprese private hanno titolo nel garantire lo sviluppo ed il successo delle forze produttive. La “casta” potrebbe essere chiamata a compiere scelte “gravi” per restituire all’Italia un’autonoma prospettiva di sostegno dei mercati interni, dei redditi e dell’occupazione. Più che che le divinazioni su quello che deciderà Fini servirebbe un vero spirito di squadra al fine di raggiungere quegli obiettivi diventati davvero improcrastinabili per tutti i cittadini e non solo per un’esigua minoranza. Chi potrebbe avere i numeri per organizzare una sana e solida formazione politica del tutto fuori degli schemi? Herbert Marcuse, e dopo di lui tanti sessantottini, voleva al potere l’immaginazione, unico strumento adatto a comprendere le cose nella loro variegata potenzialità. Noi ci accontenteremmo di tanti onesti Rossi, Russo, Ferrari, Esposito, Bianchi e così via nippando.
Antonio Bertinelli 4/9/2010