Giustizia 2023? un incubo (136 puntata)

Quella in corso tra la Nato e la Russia, a causa delle intricate vicende ucraine, non è una guerra scoppiata per contrapposizione tra visioni politiche autocratiche e ideali democratici ma è semplicemente un conflitto geopolitico. Pure se una delle parti in conflitto strizza l’occhio al risorgente dispotismo non ci vediamo nulla di ideologico. L’intero circo mediatico è impegnato per accreditarla come tale solo perché il popolo bue-cliente non deve riflettere ma, attraverso le bugie, deve essere addomesticato, asservito e ingannato fino all’alienazione da sé stesso. Ci parlano di democrazia e di sua difesa, ma in realtà viviamo quotidianamente esperienze di dittatura strisciante e, per certi aspetti, siamo già diventati sudditi di una dittatura conclamata. Abbiamo ripetutamente sperimentato come opera chi vince le elezioni politiche quando poi si insedia e quindi siamo diventati un Popolo rassegnato, abulico, indotto ad essere diviso per molteplici ragioni. Chi detiene il potere continua a distruggere la figura paterna, a ridicolizzare/colpevolizzare tutto ciò che si identifica con il maschile, ad alimentare la guerra scoppiata tra donne e uomini, a normare per indebolire sempre di più il naturale sodalizio familiare, consentendo il “commercio” di minori, disabili, anziani ed altre categorie di “inutili”, favorisce le contrapposizioni tra lavoratori, tra autonomi e dipendenti, tra occupati e disoccupati, tra proletari e sottoproletari, tra chi ha casa e chi non ce l’ha, tra chi ha una buona salute e chi no. Corrono i tempi del liberismo senza limiti normativi in cui ad alcuni è data la possibilità di acquistare interi Stati con la propria carta di credito. Un grande numero di persone è ormai affetto dal “male di vivere” prodotto da coloro che governano, rendendo impossibile alle masse ogni forma di progettualità, mirando solo a contenere il dissenso in ogni maniera possibile. Viviana Tononi docet. Mentre viene ancora usata la retorica dell’antifascismo, mentre prende sempre più piede l’ingegneria sociale, con la democrazia in coma, avanza l’autoritarismo e si adottano pratiche che ricordano il nazismo. Da decenni le lotte in nome del bene comune, a tutela delle famiglie, per colmare i divari sociali, per il diritto al lavoro, per dei salari dignitosi, per gli ideali di giustizia sono finite nel dimenticatoio. Da trenta anni, tutti i gruppi dominanti si sono messi di buzzo buono a demolire le eccellenze, le tradizioni, la cultura e le istituzioni fondamentali del Paese. Nella migliore tradizione dei draghi, dei traditori, dei razziatori, dei “pesci in barile” che tengono in tasca il “bugiardino” da leggere nel corso delle cerimonie, che vanno magari pure ai funerali di personaggi pubblici come Lando Buzzanca e Gina Lollobrigida, chi ha le possibilità di agire per cambiare le cose tace, ignobilmente tace. Neanche il pentimento di Luca Palamara, ancora tra noi ma, presumibilmente in cerca di oblio, con le sue terribili confessioni è riuscito a frantumare l’aggregato monolitico della magistratura. Continua senza soluzione di continuità il fenomeno tutto italiano dell’impiego “ministeriale-legislativo” di magistrati fuori ruolo con buona pace della separazione dei poteri prevista dal dettato costituzionale. Ovviamente ci sono magistrati in ruolo che fanno il loro pur grigio lavoro onorando la toga ogni giorno. A questi ci inchiniamo con deferenza, poi ci sono pure quelli così, così e così. Grazie a quelli che agiscono così ci sono decine di migliaia di vittime dell’istituto giuridico dell’amministrazione di sostegno extrafamiliare ma su di loro grava la congiura del silenzio. Una delle più celebri è il prof. Carlo Gilardi. Una vittima collaterale è Barbara Pavarotti. Tutte le vittime della legge n. 6/2004 sperimentano la violenza del sistema e la sofferenza “gratuita” inferta dai suoi “operatori”. I nazisti condussero esperimenti crudeli e spaventosi sula gente deportata: congelamento e raffreddamento prolungato, rigenerazione di parti del corpo, uso del veleno, ustioni, sterilizzazione, cura ormonale dell’omosessualità, castrazione chirurgica, etc.. In molti casi i motivi di quei test sono esclusivamente riconducibili alla perversione del personale addetto che li realizzava. Forse una delle più gravi colpe del nazismo è stata quella di avere pianificato scientificamente la degradazione dell’essere umano per imporgli di pensare soltanto alla propria sopravvivenza fisica come una bestia. L’interpretazione della legge n. 6/2004 viola i principi umanitari, viola il diritto internazionale, viola la Costituzione, viola la legge n. 18/2009. Fatte rarissime eccezioni, come i convegni degli addetti (avvocati, giudici tutelari, amministratori ed altri operatori del ramo, peraltro molto spesso in conflitto d’interessi), le problematiche connesse all’esistenza di questa calamitosa norma sono un tabù in tutte le sedi istituzionali e per lo stesso giornalismo odierno. La sua applicazione è orientata a movimentare un enorme giro d’affari, dunque persiste nell’indifferenza generale, causando in sovrappiù inenarrabili sofferenze ai suoi “beneficiati” e alle loro famiglie. Ha una sua iniziale carica di violenza quando non consente al “beneficiando” di scegliere il proprio amministratore di sostegno. Lo fa spesso invocando l’esistenza di un conflitto intrafamiliare, un abusato principio procedurale che nel settore della volontaria giurisdizione ha originato anche tragedie come quelle dei “Diavoli della Bassa Modenese” o simil-Bibbiano. Ancora più iniquo è il ricorso alle false accuse contro amici e/o familiari per impedire una loro nomina in qualità di A.d.S. del beneficiando. E’ un metodo infame prestare credito soltanto ai pareri e agli addebiti di personaggi che fanno parte del giro d’affari e dei professionisti del conflitto, i quali ne traggono indebiti vantaggi. Alla violenza iniziale se ne aggiungono altre come la totale perdita della libertà dell’amministrato (spesso ricoverato forzatamente in qualche residenza sanitaria assistenziale), la privazione/limitazione dei suoi rapporti affettivi, il contingentamento dei suoi legami di sangue, la sostanziale “confisca” del suo patrimonio (di cui dispone solo il giudice tutelare per mezzo del proprio incaricato di fiducia), l’imposizione di stretti limiti di spesa anche se il soggetto dispone di adeguati mezzi finanziari. Quando il prof. Gilardi non era stato ancora rinchiuso nella lussuosa RSA lecchese, e viveva libero di girare per i suoi campi, era costretto ad umiliarsi con il suo A.d.S. per ottenere i pochi soldi necessari ad acquistare quanto gli serviva, incluso il carburante per il proprio motocarro. La testimonianza di Gilda Osnaghi: “… mi chiamo Gilda, ho 61 anni, sono una persona con spina bifida e, purtroppo, 10 anni fa, a causa di un’estorsione, l’assistente sociale in carica mi ha consigliato un amministratore di sostegno. Sottolineo purtroppo in quanto, per ben 10 lunghi anni, la mia vita sociale è stata annientata sotto tutti gli aspetti ….” è una delle tante, la si può leggere per intero su Facebook ed è l’ennesima che squarcia il buio avvolgente di certe storie. Privato di soggettività, anche l’isolamento causato dalla sua reificazione aumenta la sofferenza dell’amministrato. Di solito il giudice che ha guardato le carte del suo caso non lo conosce, non intende incontrare né lui né i suoi familiari, predilige assumere informazioni tramite terzi, con metodi e finalità che ricordano quelli impiegati dalle polizie dei regimi totalitari. L’A.d.S. esogeno alimenta un indotto e non ha interesse a “disturbare” il giudice; qualunque familiare dell’amministrato è per il giudice (non raramente oberato di lavoro per le gravi carenze di organico) un potenziale piantagrane. Abbiamo sottoscritto la proposta di riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno dell’associazione “Diritti alla follia” perché la riteniamo una strada verosimilmente percorribile in sede legislativa ma, alla luce di quanto ci è dato di conoscere, siamo del parere che la legge n. 6/2004, con le prassi scorrette che da troppi anni si sono pietrificate grazie ad essa, sia diventata inemendabile.

Riprendiamo la cronaca delle vicende giudiziarie dell’attuale ricorrente per Cassazione con una riflessione su alcuni fatti che caratterizzano i procedimenti delle amministrazioni di sostegno (ma non solo). Il settore è caratterizzato dall’assoluta mancanza di trasparenza e molti avvocati evitano di avventurarvisi, altri sono costretti a scendere a patti con quella particolare realtà. I loro clienti si trovano in un tourbillon di cui perdono velocemente il controllo. L’uomo ha sostituito un terzo legale, ingaggiato prevalentemente per il procedimento civile. Ricordiamo al lettore la sostituzione di quello che (forse per un copia-incolla sbagliato?) aveva pregiudicato un’istanza relativa alla inopportuna sovrapposizione di due incarichi con pressoché analoghe prerogative: amministratore di sostegno e procuratore generale. Quella svista contribuì a facilitare l’emissione di un provvedimento illegittimo, ritenuto tale sia perché ha violato il diritto di rappresentanza, che dei chiari pronunciamenti giurisprudenziali in merito. Ovvero c’è stata la cancellazione brevi manu della procura generale (in totale assenza di violazioni del mandato!). La seconda sostituzione venne operata perché un avvocato dimenticò di mettere nella lista dei testimoni tutte le persone che avevano dichiarato il falso a danno del nostro amico. La terza riguarda alcune incomprensioni sul procedimento di mediazione ereditaria ancora in corso. Nell’interesse generale la legge n. 6/2004 andrebbe “eliminata” anche perché chi non ha i soldi necessari non può difendersi dalle sue turpi applicazioni e chi ce l’ha li spende tutti per cercare di farlo, senza più poter contare sulla certezza del diritto, una chimera.

14/5/2023 Antonio Bertinelli

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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