Frustrazione e terrorismo
I fermenti che attraversano i popoli del Vecchio Continente sembrano indicare che siamo giunti all’ultimo capitolo delle vicissitudini dell’Ue. Gli eurocrati stanno facendo del loro meglio per ritardarne il crollo e le fasi conclusive possono ancora essere argomento d’indagine intellettuale. La Germania è l’unico paese che ha tratto dall’Unione e dalla moneta unica il massimo dei vantaggi che poteva ottenere. Così come ha consentito che trapelasse dalla stampa la creatività contabile di Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi per entrare nell’euro, potrebbe decidere di abbandonare tale moneta senza soffrirne troppo. Le elezioni di ieri nel Nordreno-Vestfalia, che vedono la pesante sconfitta della Cdu di Angela Merkel, sono un altro segnale d’insofferenza per l’Ue. In Italia permane l’arcano sull’entità dei derivati posseduti dal Ministero del Tesoro e sulle ragioni di questo possesso: assicurazioni vendute alle banche d’affari, copertura del rischio tasso sui titoli di Stato, dilazioni nel pagamento degli interessi sul debito pubblico o speculazioni finanziarie. Anche alcune centinaia di Enti Pubblici hanno accumulato notevoli perdite acquistando derivati. La politica si è fatta garante di questi strumenti finanziari e non può rescindere i contratti stipulati. In via teorica qualunque governo, specialmente se a capo di una nazione bersagliata economicamente come la nostra, potrebbe decretare che l’immondizia cartacea di Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup, etc., è nulla o, in alternativa, chiedere alle varie banche, dando in cambio quegli stessi titoli, un prestito pari a metà del loro valore per rilanciare l’economia reale, nazionalizzare la Banca Centrale e riappropriarsi della sovranità monetaria. Allo stato delle cose, vista l’impossibilità di realizzare un’azione di questo genere senza pagare un prezzo esorbitante all’élite globalista, l’esecutivo Monti, peraltro emanazione di questa, in seguito alle ribellioni popolari contro Equitalia e alla gambizzazione di un dirigente di Finmeccanica, dichiara l’emergenza terrorismo. La società incaricata della riscossione nazionale dei tributi opera secondo legge ed è proprio questo il punto su cui battono i santi taumaturghi impegnati sul fronte dell’evasione fiscale, naturalmente quella “minore”. Senza considerare la supponenza, gli errori, le somme non dovute a questo o a quell’altro organismo e i difetti di notifica, le richieste e gli strumenti di Equitalia sono tali da lasciare il cittadino comune in balia di questa, per alcuni provvidenziale, Spa, delle sue maggiorazioni, delle ganasce amministrative, del pignoramento dei conti correnti bancari, delle trattenute su stipendi e pensioni. Se fosse solo un problema di qualche “cartella esattoriale pazza”, che magari decuplica una sanzione già regolarmente pagata, non saremmo arrivati alle rivolte spontanee contro tecniche dissuasive ritenute da molti odiose e vessatorie. Quanta gente si è trovata con qualche bene ipotecato senza saperlo per presunti debiti di alcune centinaia di euro? Quanti piccoli imprenditori si sono visti togliere i fidi bancari? L’attentato di Genova potrebbe trovare spiegazioni nell’attività internazionale di Finmeccanica o dipendere dalle mire affaristiche di chi, dopo la gogna mediatico-giudiziaria, vuole farne polpette e dunque non avere alcuna attinenza con formazioni eversive. Ci sono troppe cose che non convincono sul revival del terrorismo. E poi a chi giova ferire l’a.d. di un polo nucleare o un gabelliere di Equitalia? Dare vita in qualunque maniera allo stato d’emergenza terroristica nel Paese, dove solo i più deboli sono stati chiamati a pagare il conto della crisi economica, può servire l’établissement in due modi: dissuadere chi scende in strada per protestare contro le iniquità, indurre nella popolazione l’urgenza di sicurezza. In entrambi i casi gli Italiani, impauriti e resi ansiosi dai media mainstream, finiranno per affidarsi inconsapevolmente ancora una volta agli ascari dell’alta finanza, cioè a quei personaggi che li hanno defraudati, affamati, condannati al sottosviluppo perpetuo.
Antonio Bertinelli 14/5/2012