Ultimi scampoli di guerra
E così anche Tripoli si appresta a vivere il suo day after. Dopo aver forzato oltre ogni limite la risoluzione n. 1973 dell’Onu, dopo aver scatenato invincibili armate e tutta la più avanzata tecnologia mortifera contro un governo legittimo, presto il setaccio in possesso dei ladroni coalizzati tratterrà i semi e lascerà la crusca ai libici. Nel crescendo delle manipolazioni mediatiche persino Google Maps, il 21 agosto, ha accettato il cambiamento della toponomastica: Green Square è stata ribattezzata Martyr’s Square, cosi come richiesto da qualche glorioso combattente per la libertà. La storia della Libia di martiri ne conta parecchi, caduti in guerre coloniali come quella ancora in corso, che sta preparando il terreno per le scorrerie di pochi grandi raider e dei soliti sicari dell’economia. Mu’ammar Gheddafi è stato corteggiato per anni da tutte le più grandi banche occidentali, con cui ha condotto affari non sempre vantaggiosi, sia per lui, che per il suo Paese. Il fondo sovrano libico, così come riporta The Wall Street Journal del 31 maggio 2011, affidò a Goldman Sachs 1,3 miliardi di dollari e gli investimenti curati da detto gruppo persero il 98% del loro valore. Le perdite non furono mai più ripianate dalla celebre banca d’affari. La narrazione dei media più potenti e diffusi, che spesso ricorrono a studios tali da far invidia a Cinecittà, calza sempre a pennello con gli obiettivi economico-finanziari anglo-americani. Pochissimi giorni prima che Barak Obama annunciasse la sua dichiarazione di guerra umanitaria l’Unione Africana si era riunita per discutere la proposta del leader libico di unire il continente africano e i paesi arabi in una confederazione che si sarebbe chiamata Stati Uniti d’Africa. Il fatto, di rilevante interesse, non venne mai reso noto, da giornali e Tv, né al popolo nord-americano, né a quelli europei. Inclusa quella portata in Libia, dalla caduta del Muro di Berlino, gli Usa ed i loro alleati hanno scatenato cinque guerre. Dalla fine del secondo conflitto mondiale, grazie all’impiego di una potenza militare e poliziesca senza eguali, si sta assistendo all’espansione ininterrotta di un ordine oligarchico, che fagocita ogni sovranità nazionale, per tutto il pianeta. Ebbe a dire Thomas Friedman, consigliere del segretario di Stato Madeleine Albright durante l’amministrazione Clinton: “Perchè la globalizzazione funzioni, l’America non deve temere di agire come l’invincibile superpotenza che in realtà è (…). La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un pugno visibile. McDonald’s non può diffondersi senza McDonnel Douglas, il fabbricante di F-15. Il pugno visibile che garantisce la sicurezza mondiale della tecnologia della Silicon Valley si chiama esercito, aviazione, forza navale e corpo dei marines degli Stati Uniti”. Le cronache di qualunque giornalista garantito dal marchio di qualità euro-yankee, che sia al seguito delle salmerie o comodamente seduto nella propria redazione, non ci parlano dei morti e dei feriti causati dalle tonnellate di bombe Nato sganciate sulla Jamahiriya, non ci parlano dei cecchini umanitari appostati sui tetti di Tripoli, tacciono sui jet che hanno colpito tutto quello che sono riusciti ad inquadrare nel mirino, non ci dicono che i check-points governativi sono stati tra i bersagli preferiti dall’aviazione alleata. Sono cronache che rispondono a parole d’ordine, frutto di veline uguali per tutti, a volte gentilmente fornite dai servizi segreti dei “liberatori”. Il sabba mediatico, nella sua complice subalternità, ci offre la descrizione caricaturale del despota attenzionato dai difensori delle democrazie, qualche improbabile reality show montato in fretta e furia, l’omertà per gli eccidi dei “patrioti” ribelli, molte notizie totalmente false, l’enfasi per le gesta di qualche centinaio di giovani rivoltosi, che, trascinati dall’opportunismo del sedicente Consiglio Nazionale Transitorio, scorrazzano trionfanti su pick up e tirano il grilletto di qualche arma automatica su richiesta del fotoreporter incaricato del servizio. Il silenzio imposto dal consesso dei “volenterosi”, in combutta e in competizione per mangiarsi la torta libica, il vezzo sesquipedale con il quale si affabula intorno alla “rivoluzione” partita da Bengasi per venderla ai telespettatori come un grande movimento popolare desideroso di libertà non riescono a nascondere del tutto una guerra condotta in spregio della nostra Costituzione e del diritto internazionale, alimentata da un’ipocrisia oscena, sfociata nel cinismo sanguinario. Giorni orsono nel villaggio di Majar c’erano ottantacinque cadaveri di donne, bambini ed anziani. Tra le tante menzogne che nessuno dei maggiori media si è mai preoccupato di smentire, i Libici sono rimasti vittime di una manovra d’intelligence, propedeutica all’intervento militare. Presto saranno depredati delle loro immense ricchezze, cominceranno a conoscere tasse mai pagate, vedranno all’opera i banksters occidentali, subiranno la costruzione di basi strategiche Usa. Non c’è necessità di leggere le “farneticazioni complottiste” di teste poco allineate o di presunti paranoici. Anche un ingenuo è in grado di sospettare che i burattini al servizio dell’Impero, dopo aver rivoluzionato Tunisia ed Egitto, dopo aver destabilizzato la Libia, nella stessa maniera potrebbero correre in soccorso di altri popoli “oppressi”. I loro discorsi imbevuti di richiami alla democrazia hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero di migranti. Le loro promesse ed i loro aiuti puzzano di morte. Un editoriale odierno disquisisce su “I veleni di una dittatura”, a quando un editoriale sui peggiori veleni della più aberrante tra le democrazie? I titoli di coda di un film che non avremmo mai voluto vedere scorrono su Shimon Peres che afferma:” Fossi libico, mi sarei sollevato anche io contro il tiranno”, su Barak Obama che, da sempre sensibile alle “sofferenze” dei popoli, intima a Bashar al-Asad di dimettersi, sullo zelante Nicolas Sarkozy che, dopo aver inviato i suoi legionari ad occupare la Costa D’Avorio, consentendo alla Francia di diventare la prima potenza mondiale per il cacao, si appresta ad ospitare la conferenza di tutti i paesi aggressori a Parigi per spartirsi il bottino libico, su Mu’ammar Gheddafi che si dice intenzionato a vincere o a morire.
Antonio Bertinelli 24/8/2011