vecchi pensieri 75 (Numquam est cum potente societas)

Numquam est cum potente societas

B. Obama garantisce che il trasferimento dei dati bancari europei alle autorità americane aiuterà tutti ad essere meglio protetti dalla minaccia terroristica a cui debbono far fronte sia l’Unione Europea che gli Stati Uniti. Noi invece riteniamo che i cittadini debbano difendersi con ogni mezzo dai burattinai della politica sovranazionale e segnatamente dai protagonisti di quella interna, che, a datare dal 1992, con la privatizzazione/svendita degli Istituti di Credito e degli Enti Pubblici, hanno ceduto sostanzialmente la sovranità nazionale. Per evitare che, prima o poi, la Magistratura potesse intervenire in base al codice penale (art. n. 241: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo”; art. n. 283: “Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”) il Parlamento ha approvato la legge 85/2006. Con tale norma le figure di attentato allo Stato e alle forme di Governo diventano punibili solo se si ricorre ad atti violenti. In tutti gli altri casi, come quelli succedutisi negli anni, non si paga pena. Per la cronaca va detto che il Ddl S3538, da cui prende origine la legge citata, è stato presentato dalla leghista C. Lussana e varato dal Berlusconi III. Se si analizzano la genesi e la “mutazione” della Lega Nord, se si guarda alla storia e al club privé di cui è membro il primo ministro si comprende perché ad alcuni il dettato costituzionale faccia venire l’orticaria. Anche i governi del centro-sinistra, pur vedendo fallire il programma della commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta da M. D’Alema, hanno compiuto i loro “misfatti”. Hanno impresso una svolta alla politica militare partecipando sistematicamente ad interventi in terra straniera, hanno realizzato il record mondiale delle privatizzazioni, ci hanno fatto pagare salatamene l’ingresso nell’euro, hanno fatto tornare in auge il manganello, come ai tempi di Mussolini, di Scelba e di Craxi, hanno inferto colpi allo Stato Sociale e alle pensioni, hanno restaurato il finanziamento pubblico ai partiti ed hanno dato vita alla “liberalizzazione” del mercato del lavoro. Per pudore difficilmente si cita M. Biagi e, quando si parla di lavoro precario, in genere si parla di legge 30/2003. Poi si imputa al Governo Berlusconi II la colpa di aver snaturato il progetto del giuslavorista assassinato. Ad onor del vero va detto che Biagi fu il tecnico prediletto dalla Confindustria, che durante i governi del centro-sinistra fu l’artefice dello smantellamento del collocamento pubblico e il grande suggeritore del “pacchetto Treu”, che ha introdotto la flessibilità, i contratti d’area, i contrattti territoriali, il lavoro interinale, insomma tutte quelle forme di lavoro supersfruttato, sottopagato e affatto tutelato. I decreti attuativi della legge Biagi sono stati approvati agli inizi del 2004 e dunque ricadono tra i provvedimenti presi dal centro-destra, ma gli attacchi alla stabilità e alla remunerazione del lavoro erano cominciati sotto il Governo Prodi con la legge 196/1997. Il Paese di oggi, quello che da ultimo fa registrare 3700 nuovi licenziamenti Telecom, porta le ferite inferte dall’intera “casta”, deve difendersi da chi gestisce gli affari propri: procedimenti giudiziari, incarichi plurimi nei consigli di amministrazione, ruoli di spicco, prebende e poteri; deve guardarsi dagli eurocrati, dall’imperialismo bancario, dal mercato globale e, in sovrappiù, dalle insane mire di un dispotismo sempre meno strisciante. Le finanze dello Stato traballano, l’ombra della P2 continua ad estendersi sull’Italia insulare e peninsulare, la pattuglia dei magistrati “imprudenti” si assottiglia sempre di più e la residuale informazione libera è prossima alla celebrazione di un requiem. Le manovre di riavvicinamento a Casini tranquillizzano tanto quanto possono tranquillizzare i rari sussulti del buon Bersani o le sacrosante rampogne della Perina. Se le qualità morali dei predecessori non erano eccelse, quelle che dimostrano i modern days kings sono conclamatamente infime. Siamo alla mercè di un regime basato sulle cialtronate assunte a presidio della propria attendibilità dove, da un lato, si esercita la “vendetta antiproletaria” e, dall’altro, si consente il facile arricchimento di evasori, faccendieri, finanzieri ed altre cricche sintoniche. L’attuale Governo, le cui politiche sono prive di qualsiasi presupposto liberista e liberale, dispone di una maggioranza parlamentare che risulta essere la più numerosa dell’intera storia repubblicana e non può prendersela ora con questo, ora con quello se non è riuscito a svolgere alcunchè di efficace per gli Italiani. Nello sciorinare patacche propagandistiche il premier dimostra il suo disinteresse nel fare riforme utili ai cittadini e manifesta la sua ossessione per ottenere il pieno comando in campo militare, civile, politico ed economico. Il tutto senza i controlli di poteri indipendenti e men che meno di quello esercitabile dalla Tv, dai giornali e dal web. Chi guarda con sconcerto al Pd e alla sua insipienza dovrebbe cominciare a chiedersi la ragione per cui un intero gruppo dirigente ha occhi solo per il proprio ombelico. Il vero problema non è tanto in quante greppie attingano i governanti e quanto mangino, ma è la loro capacità di amministrare nell’interesse comune, e questa ha difettato sia a sinistra che a destra. Alla vecchia e consueta situazione di vassallaggio nei confronti degli Usa, si è aggiunta quella “imposta” dal Trattato di Lisbona e quella voluta dai globalizzatori. La predazione della Cosa Pubblica e l’autoreferenzialità del sistema politico ha concluso l’opera di distruzione di un’Italia dalle tante e ormai dimenticate eccellenze. Il Paese “migliore” è senz’altro maggioranza, ma segue percorsi carsici e trova difficoltà ad emergere per esternare tutta la sua rabbia nei confronti di chi si arroga il diritto di rappresentarlo fuori e dentro i confini nazionali.

Antonio Bertinelli 10/7/2010    

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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