Aspettando nuovi eventi giudiziari, nel costeggiare un vecchio casello ferroviario abbandonato, pur senza volerlo si è riavvolto il nostro nastro dei ricordi. E’ stato come scorrere velocemente il tempo a ritroso, una sorta di moviola della vita degli Italiani. Questo ci ha permesso di tornare con le immagini ad alcune decenni fa, quando non esistevano stazioni ferroviarie dismesse o scarsamente presenziate. Un tempo in questi luoghi era usuale la presenza di un capostazione e di altri impiegati, erano degli ambienti puliti ed in ordine, c’era la sala d’attesa controllata, una confortevole sensazione di calore umano e di sicurezza in ogni locale dell’edificio. In quegli anni la maggior parte della popolazione poteva godere di una buona qualità della vita e la magistratura non attirava le attenzioni di stampa e Tv con scandali di diversa natura. Persone come il prof. Carlo Gilardi non venivano proditoriamente rinchiuse negli ospizi calpestando ogni loro diritto. I vecchi vivevano protetti in famiglia e non erano prede di avvocati e giudici tutelari senza scrupoli. A quei tempi i magistrati, i consulenti psico forensi e gli avvocati interagivano solo professionalmente, senza finire sui giornali a motivo delle loro perfomances nello spettro dei “fuori registro”. Quando nelle stazioni ferroviarie si respirava l’olezzo delle traverse impregnate con il creosoto, l’effluvio di olio e di metallo riscaldato, misto all’esalazione dei ceppi, quando le vecchie vetture “centoporte” odoravano di legno, di vernice e di tessuto polveroso, quando si avvertivano i rumori delle ultime locomotive a vapore in servizio insieme allo sferragliare dei velocissimi locomotori E444, esisteva del personale ben qualificato. Per fare carriera esistevano concorsi sia interni (riservati al personale) che esterni (aperti a tutti). Dopo il superamento delle prove si veniva sottoposti a severe visite mediche per assodare, oltre le condizioni fisiche, anche quelle psichiatriche dei ferrovieri. In presenza di disturbi comportamentali non si veniva assunti. Mancando le idonee competenze non si veniva promossi, anche per l’intera vita lavorativa. In cambio di un’alta professionalità i ferrovieri (dal dirigente del movimento al verificatore) avevano stipendi più che decorosi. Se e quando sbagliavano (molto raramente) venivano multati dal responsabile del servizio), ovvero pagavano di persona l’errore commesso. Lo trovavano naturale. Oggi, che abbiamo “nuove ferrovie”, che abbiamo fatto spazio all’ipertecnologico, che si apre lo scenario delle stazioni telecomandate, si pone il problema della videosorveglianza e della sicurezza dei passeggeri. Una volta c’erano i pretori con carta, penna, tanta professionalità ed irrinunciabile deontologia. Oggi ci sono magistrati con il computer che avviano indagini sine die, quelli che si preconfezionano le sentenze prima delle udienze e dell’acquisizione di memorie, quelli che carcerano persone innocenti con estrema leggerezza, quelli promossi a prescindere dai meriti, i torquemada per deformazione mentale o ideologica, quelli iscritti ad associazioni paramassoniche, quelli che spiano tutti gli altri colleghi, quelli con mente distopica, quelli che hanno fatto orecchi da mercante per gli scandali “Amara” e “Palamara”, quelli per i quali va bene il CSM così com’è.
6/6/2021 Antonio Bertinelli