Il 10 dicembre 2020 il ricorrente/denunciante, previo appuntamento fissato on line, si è recato nella cancelleria del G.T. per visionare il fascicolo xxx/2020 e, per la seconda volta, non lo ha trovato. E’ lecito supporre che l’accaduto dipenda dal braccio di ferro che ha intrapreso il P.M., su suggerimento dell’avvocato ingaggiato dalla vecchia, con il figlio della stessa, indagato per simulazione di reato. Quella che sembra una vera e propria manovra a tenaglia ha tramutato in un vaso di coccio il giudice tutelare che è finito, suo malgrado, in una situazione che di certo non aveva previsto. L’attuale stallo ci consente qualche divagazione. Vivere nel contesto attuale e fare parte di un Popolo tramutato in una sommatoria di monadi senza speranze, può rendere la consapevolezza uno dei mezzi giovevoli per contrastare la lenta dissoluzione a cui siamo condannati in quanto Italiani. La vicenda che narriamo ci ha spinto indietro negli anni, riportandoci alla mente i tanti tragici accadimenti collegati alle false accuse “costruite” nei tribunali. Ci sono stati magistrati che, sottoscrivendo addebiti strumentali, hanno distrutto irreversibilmente intere famiglie. E’ accaduto un po’ ovunque, a Milano, come a Taranto, a Trieste o a Bologna. Ci sovviene il nome di un P.M. che ha compiuto forse i più gravi e ripetuti errori giudiziari che il tribunale di Milano abbia mai registrato. In ragione di “altri meriti” non ha mai pagato per i danni che ha prodotto. C’è un filo rosso che lega le vicende dei presunti affidamenti illegali dei bambini a Bibbiano ed una storia altrettanto raccapricciante verificatasi oltre vent’anni fa nella Bassa Modenese. E’ rappresentato dal centro studi Hansel e Gretel, la onlus che è stata coinvolta nelle vicende del Comune della Val d’Enza, ma che era anche stata tirata in ballo vent’anni fa. La difesa dei magistrati che si dicono sempre vittime di dichiarazioni false non si regge in piedi. Si è venuto a sapere dalla cronaca che esistono assistenti sociali, psicologi e consulenti “infedeli”. Si ricava dall’informazione meno allineata che esistono false accuse di maltrattamenti domestici, violenze, stalking e quanto altro ancora possa venire utile per raggiungere lo scopo prefisso. Si sa dai giornali che esistono avvocati come quelli che raggiravano anziani incapaci d’intendere e volere per saccheggiarli delle loro proprietà (Il Tempo 20 maggio 2020); oppure come quello che ha rubato al disabile 147000 euro per pagare le sue “spesucce” (Il Gazzettino 16 novembre 2020). Quando scoppia il caso in sede di giurisdizione non ci si può nascondere dietro un dito perché la firma su decreti e sentenze non la mette un consulente “infedele”, uno psichiatra “venduto” o un avvocato amministratore di RSA. Certe filiere hanno ragione di esistere nella misura in cui vengono legittimate da chi sottoscrive e rende operativi i provvedimenti. Quindi, in certi casi, o esiste approssimazione e negligenza o peggio ancora collusione. Il cambiamento della mappa demografica vede sempre meno soggetti minori nella veste di possibili clienti delle sezioni famiglia dei tribunali e dei giudici tutelari. Ecco dunque emergere un nuovo settore d’interesse, quello relativo ai vecchi, o meglio ai soldi che muovono o potrebbero far muovere. Destrutturata scientemente la famiglia, naturale presidio di solidarietà, fioriscono e si diffondono gli studi legali per anziani e soggetti deboli. Esiste la storia denunciata da “Le Iene” di nonna Maria, segregata in casa a 94 anni dalla figlia Franca e dal nipote Davide. Esiste la storia di Carlo, anche questa denunciata da “Le Iene”. Carlo è un uomo molto benestante di 90 anni, dalla sconfinata generosità nell’aiutare chi ha bisogno. Da parecchi giorni sarebbe stato portato, contro la sua volontà, in una RSA. L’uomo in un esposto di qualche mese fa puntava il dito sull’ex amministratrice di sostegno: “Vogliono farmi dichiarare incapace di intendere e di volere e gestire i miei soldi”. Per riassumere lo scottante tema ognuno deve prendersi le proprie responsabilità, senza scaricare sulle spalle altrui errori e fiancheggiamenti, senza contare sulla compiacenza che in genere trovano i togati presso i loro organi giudicanti. Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri riconosce che nella Magistratura ci sono problemi di collusioni e corruzioni per ingordigia e non già per bisogno economico, dunque ritiene che bisognerebbe essere feroci nei confronti di questi magistrati. Non abbiamo elementi per stabilire il confine tra superficialità professionale, menefreghismo, supponenza, disprezzo per la “clientela”, complicità e carrierismo. Abbiamo letto però:
Magistrati, ogni anno vengono archiviati 1200 procedimenti disciplinari ma nessuno sa perché
di Rosario Russo*
(omissis) Per legge, il Pg ha l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare, per prevenire che egli possa agire pro amico vel contra inimicum, mentre il ministro della Giustizia ne ha soltanto la facoltà, che esercita in base a valutazioni sostanzialmente politiche.
Tuttavia, ricevuta una notizia disciplinare, con motivato provvedimento il Pg può discrezionalmente archiviare se il ministro non si oppone. Questo per effetto della riforma Mastella (2006) con cui è stata abrogata la disposizione che riservava al Csm la declaratoria di non luogo a procedere richiesta dal Pg al Csm, titolare del potere sanzionatorio nei confronti dei magistrati ordinari. Al Consiglio pervengono quindi soltanto le notizie disciplinari discrezionalmente non archiviate dal Pg.
Non è l’unica grave anomalia del sevizio disciplinare: malis mala succedunt. Con sentenza 6 aprile 2020 n. 2309 – in netto contrasto con lo spirito dell’Adunanza Plenaria 2 aprile 2020, n. 10 – il C.D.S. ha statuito che l’archiviazione del Pg è accessibile soltanto al ministro della Giustizia, restando perciò interamente opaca per l’autore della segnalazione disciplinare e perfino per il magistrato indagato ed il Csm.
Perché sono importanti questi rilievi? Perché nel periodo 2012-2018 (sette anni) risultano iscritte mediamente ogni anno 1380 notizie d’illecito disciplinare (segnalazioni con cui avvocati o cittadini denunciano abusi dei magistrati). Ogni anno il 91,6% di tali notizie (cioè 1264) è stato archiviato dal Pg e quindi soltanto per 116 di esse è stata esercitata l’azione disciplinare. Consegue che mediamente ogni anno oltre 1260 archiviazioni sono destinate al definitivo oblio, sebbene conoscerne la motivazione è tanto importante quanto apprendere le ragioni (a tutti accessibili) per cui le sanzioni vengono disposte dal Csm.
La ‘casa’ della funzione disciplinare, pilastro e primo avamposto della legalità, è dunque velata senza alcuna concreta ragione. (OMISSIS)
12/12/2020 Antonio Bertinelli