Poi arriva il dessert. Il sistema onorifico e premiale è vecchio di secoli, si è consolidato con le monarchie assolute fino ad arrivare ai nostri giorni. Il titolo britannico di Lord Warden of the Cinque Ports risale al XII secolo. Quando il potere non celebra se stesso, nel gioco delle élites, delle apparenze, degli intrighi, riconosce sempre la fedeltà dei suoi cocchieri e dei suoi vassalli. Lo jus honorarium tratta di onorificenze rilasciate da Enti Pubblici, Ordini Cavallereschi, Stati Esteri, Ordini Dinastici, Ordini Sovrani e Ordini Statuali. Ronald Reagan, il cui mandato ha segnato la definitiva regressione sul cammino verso una società più equa e più giusta, durante la presidenza è stato insignito con cinque medaglie, delle quali tre appuntategli fuori dagli Usa. Già affetto dal morbo di Alzheimer non ha potuto assistere al varo della super-portaerei battezzata con il suo nome. Margaret Thatcher, altro pilastro del neoliberismo, a cui ha immolato se stessa, la sua vita privata e soprattutto i cittadini del Regno Unito, si è guadagnata quattro medaglie, tre in patria ed una in Croazia. Prima di trovarsi anche lei affetta da demenza senile, l’odiata “Dama di Ferro”, il mese successivo al suo dimissionamento per conclamato antieuropeismo, è stata nominata Baronessa di Kesteven. Degno di nota è anche il palmarès di Giorgio Napolitano con sette medaglie nazionali e tre straniere, tra cui il “Dan David Prize”. Lo scorso giugno, ad Oxford, ha ricevuto il “Degree of Doctor of Civil Law by Diploma”. Oggi l’Università di Bologna gli ha consegnato la laurea honoris causa in “Relazioni Internazionali”. In quella stessa sede, nel 1995, accompagnato da Romano Prodi, ottenne analogo riconoscimento per l’economia George Soros, l’alfiere di un capitalismo senza scrupoli e senza patrie. In quel frangente alcuni militanti di Alleanza Nazionale, prima di essere accompagnati all’esterno dalle forze dell’ordine, riuscirono ad issare uno striscione sugli spalti: “Niente laurea agli speculatori”. Oggi, per conferire la laurea a King George, che in merito ai rapporti con gli anglo-americani non è secondo a nessuno, Bologna è stata blindata ed i contestatori sono stati manganellati dalla Polizia. Il medagliere di Mario Monti non è nutrito come quello del capo dello Stato. Il premier è soltanto “Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana” e “Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana”. In compenso il sostegno massmediatico nazionale ed internazionale che ne esalta le qualità, volto a creare la quasi impossibilità di dissenso popolare, è davvero impressionante. I giornalisti dei media mainstream lo approvano, lo acclamano, lo lodano, lo decantano, lo esaltano, lo magnificano, lo celebrano, lo omaggiano come un eroe. Va da se che il mito si modelli sul genius loci. Ma l’uomo, figlio di un direttore di banca e nipote di un banchiere, plasmatosi nel rigore dei numeri, cresciuto all’ombra di banche e multinazionali accumulando ruoli da tecnocrate, messo infine a capo del governo, sembra più portatore di molteplici incompatibilità che personaggio epico. Mutuando il linguaggio dell’analisi matematica diremmo che, sulla vecchia scia ed insieme ad altri “nuovi incompatibili”, si è messo all’opera applicando al Paese delle “derivate negative” per ottenerne così funzioni decrescenti. Le penitenze di massa forzose, in primis quelle dei pensionati, comminate con la complice voluttuosità di parlamentari “destri” e “sinistri”, sono l’aspetto più eclatante del suo meccanico inchino davanti alla bibbia della grande finanza. La granitica fede di Monti, chiamato per stringere la rete tesa dagli oligopoli transnazionali, non sarà di certo scalfita da politiche e scelte che producono modelli deliberatamente discriminanti, dai limiti di un sistema monetario imperiale di stampo britannico, dai danni che ha prodotto l’abrogazione della legge Glass-Steagall sull’economia reale, da un’Ue che assimila John Maynard Keynes ad un pericoloso sovversivo, dall’infausta e ampiamente documentabile storia della globalizzazione. Quando l’Italia, destatalizzata, capillarmente liberalizzata e privatizzata, sarà esclusivamente un’espressione geografica chissà quanti premi e lauree honoris causa arriveranno per i suoi affossatori?
Antonio Bertinelli 30/1/2012