Quando il carnefice si traveste da cerusico
Dopo il blitz antievasori di Cortina sia l’apparato fiscale che Il governo Monti hanno tentato di rifarsi il maquillage. Con la legislazione societaria vigente Il fisco può perseguire inesorabilmente solo i piccoli contribuenti, Equitalia può continuare ad avvalersi di strumenti da usura legalizzata, l’esecutivo può lasciare intendere che le scelte per “mettere in sicurezza” i conti pubblici non siano profondamente classiste. I paradisi fiscali portano i capitali lontano dai governi e dalle relative tassazioni. Equitalia, sfruttando i dati personali di chiunque, può rilevare il conflitto d’interessi di un giudice sotto procedura ipotecaria ed impugnare una sua sentenza sfavorevole alla società. I suoi accertamenti sono esecutivi dopo sessanta giorni dalla notifica e riducono a zero le possibilità di difendersi per chi non può contare su grandi studi legali. Con la manovra finanziaria Mario Monti ha ritenuto “salvifico” colpire pensionati, pensionandi e contratti di lavoro; ha pensato bene di abrogare persino gli istituti dell’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata. Ora, mentre plaude agli accertamenti fiscali sui ricchi in vacanza, che non andranno mai oltre la mera operazione di facciata, dopo aver spinto il Paese consapevolmente e scientemente sulla strada della recessione, sta passando alla cosiddetta fase due. Off course le parole d’ordine che ricorrono quando si dichiara di voler ridare fiato all’economia sono sempre le stesse: cartolarizzazioni, liberalizzazioni e privatizzazioni. In sostanza il cartolarizzare si traduce nel vendere agli amici ambiti patrimoni pubblici molto al di sotto del loro valore di mercato. Liberalizzazioni e privatizzazioni non sono sinonimi, ma gli argomenti a sostegno delle prime vengono usati anche per realizzare le seconde ed entrambe a danno degli interessi dei cittadini. La favola raccontata da “destra” e da “sinistra”, che vede in queste scelte la possibilità di avere prodotti o servizi migliori e meno costosi, le opportunità nazionali di competere e primeggiare sui mercati globali, sta preparando quel brodo di cottura in cui Monti finirà di cucinare l’Italia. Vale la pena di ricordare che Berlusconi ha ceduto il passo all’uomo delle banche quando i titoli Mediaset, sotto l’attacco speculativo capitanato da due fondi d’investimento statunitensi, sono crollati del 12% in un solo giorno. Gli integralisti come Monti non parlano mai di liberalizzazioni del settore bancario o di quello petrolifero, dimenticano che il sistema infrastrutturale (aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade, ecc) è controllato da pochissimi operatori. La pubblicità ingannevole di cui gode il libero mercato è stata ripetutamente smentita dai fatti. Le dismissioni dei beni pubblici operate dai sicari dell’economia ingaggiati negli anni precedenti e posti nei governi hanno causato la diminuzione progressiva delle entrate statali, l’aumento dei prezzi, il peggioramento dei servizi, le opacità gestionali, il degrado delle condizioni di lavoro e l’aumento della disoccupazione, senza migliorare la capacità produttiva nazionale. In nessun paese dove sono state applicate le ricette neoliberiste miranti a smantellare soprattutto il monopolio pubblico è subentrata, se non in via transitoria, la concorrenza. In tutti i settori privatizzati o liberalizzati si sono succeduti momenti di concorrenza, velocemente seguiti dall’eliminazione dei soggetti più deboli, da un’ondata di fusioni, dalla costituzione di monopoli e cartelli privati, dalla riduzione della capacità di intervento pubblico, dalla cancellazione della mission di utilità collettiva, dall’estensione del campo del profitto. Non servono voli pindarici per rendersi conto che la liberalizzazione del commercio, illo tempore firmata da Pier Luigi Bersani, ha prodotto risultati diametralmente opposti a quelli dichiarati. “La rendita di posizione del negozietto a prezzi stratosferici non può essere difesa a scapito della pensionata sociale, dell’operaio che deve fare i conti col salario” fu uno dei tanti slogans adottati dagli apologeti del neoliberismo. Al dunque la capacità finanziaria dei grossi gruppi ha sbaragliato i piccoli esercenti fino a realizzare una distribuzione controllata da un ristretto oligopolio, senza vantaggi durevoli sul fronte dei prezzi e spesso con scadimento della qualità delle merci poste in vendita nei grandi centri commerciali. E’ veramente suggestivo affermare che la salvezza dell’economia italiana sarà garantita da un’ulteriore liberalizzazione della rete commerciale e dalla deregulation del servizio dei tassisti. Nei prossimi tre anni, secondo la Confesercenti, sommando la crisi alle nuove liberalizzazioni, chiuderanno ottantamila esercizi commerciali e si perderanno duecentoquarantamila posti di lavoro. Nel settore dei taxi è prevedibile l’ingresso di società in grado di fare concorrenza agli altri schiavizzando dei dipendenti senza tutele, falsare il mercato e poi sfruttare la propria posizione dominante. Mentre l’Italia, zerbino dell’Ue, a sua volta entità cuscinetto degli Usa, viene impallinata dai mercati l’aristocrazia del denaro e gli assidui della crapula a spese dell’interesse generale marciano allineati e coperti dietro il governatore che avrebbe dovuto far calare lo spread Btp-Bund.
Antonio Bertinelli 9/1/2012