vecchi pensieri 37 (Illibertà di stampa e controllo del Web, cosa c’è di nuovo?)

Illibertà di stampa e controllo del Web, cosa c’è di nuovo?

Se esaminiamo il panorama della stampa italiana, e particolarmente i quotidiani, quando parliamo di libera informazione ci riferiamo solo a quella libertà di cui, per alcune testate, si può godere compatibilmente agli assetti proprietari e, per altre, subordinatamente ai desiderata dei referenti della parrocchia per cui si scrive. In Italia la stampa è quasi tutta nelle mani di grandi imprenditori, di finanzieri e di banche. Non esistono più editori “puri”; l’ultimo fu Angelo Rizzoli condannato per bancarotta e scagionato dopo ventisei anni. Negli Usa la stampa non è lo scendiletto del potere eppure John Swainton, ex direttore del “New York Times”, nel suo discorso di commiato, ebbe a dire: “Una stampa libera non esiste. Voi, cari amici, ne siete consci, ed io anche. Nessuno fra noi oserebbe dire la propria opinione apertamente e liberamente. Noi siamo gli strumenti e i servi delle potenze finanziarie che agiscono dietro le quinte. Siamo le marionette che saltano e ballano quando queste tirano i fili. La nostra abilità, le nostre capacità, e la stessa nostra vita appartengono a quegli uomini. Non siamo altro che prostitute intellettuali”. Quella confessione pubblica fa risaltare in tutta la sua chiarezza l’anomalia italiana dove la stampa oltre che non dare informazioni sui legami esistenti tra economia e politica o sulla spazzatura finanziaria, abolisce tutto ciò che è scomodo per i regnanti di turno, incluse le grandi questioni sociali. L’intreccio d’interessi tra la proprietà dei principali quotidiani, il mondo imprenditoriale, il sistema bancario ed i partiti è un limite insormontabile che costringe il giornalismo a veicolare prevalentemente “patacche” e ad astenersi dal fare informazione indipendente. L’assenza di un editore “puro”, che si occupi solo di fare utili attraverso la stampa, impedisce che i giornalisti facciano il loro lavoro senza timori reverenziali. Vige quindi il principio dell’io t’informo solo su ciò che voglio, nella maniera che ritengo opportuna, affinché tu creda solo a quello che desidero. Per questo è improbabile che un quotidiano della Confindustria possa scrivere sulle collusioni intercorse tra grande imprenditoria e mafia, così come è ovvio che i media della famiglia Berlusconi enfatizzino l’operato del Governo o che quelli vicino al PD sorvolino sulle “stranezze” connesse alla scalata della Bnl da parte dell’Unipol. In sintesi abbiamo un giornalismo in perenne conflitto d’interessi per cui, se ci si vuole informare su temi sensibili, è giocoforza ricorrere al Web e, in alcuni casi, specialmente quando si parla di mercati scientemente taroccati, diventa preferibile visitare dei siti stranieri. Solo attraverso internet è possibile accedere a testate libere, è possibile leggere dei blogs che si autoproducono e si autofinanziano. Di qui nasce l’interesse delle élites egemoni per il controllo della rete. E’ recente la sentenza di Stoccolma contro The Pirate Bay ed è di questi giorni l’approvazione, in Francia, della legge Hadopi, fortemente sollecitata dalla lobby della musica e del cinema che, con il pretesto della caccia al download proibito, consentirà un controllo poliziesco e liberticida degli abbonamenti ad internet. In Italia il problema odierno è connesso al rapporto tra stampa e potere, o meglio alla visione “privatistica” che ha il Governo di questo legame inestricabile. In questa ottica si rischia una vera e propria devastazione. Ecco il motivo per cui la Fnsi invoca quella libertà che non c’è mai stata per l’assenza di pluralità ma che, nel prossimo futuro, rischia di essere elargita a senso unico nella misura in cui lo riterrà consono un solo padrone. Le citazioni giudiziarie di due quotidiani, impensabili per qualunque altro capo di governo europeo, a prescindere dalla condivisione o dalla condanna degli argomenti affrontati, hanno ulteriormente azzoppato il giornalismo italiano. Il killeraggio ha rabbuiato il quadro. Ora, per l’ennesima volta, si tenta di tacitare le voci fuori del coro che hanno modo di esprimersi esclusivamente sul Web. Per legge si vuole mettere un bavaglio peggiore di quello ventilato precedentemente dal ddl Alfano. Si vuole estendere l’intera normativa riguardante la stampa ai siti internet “aventi natura editoriale”. Premesso quanto sia difficile stabilire la natura editoriale di un sito, vogliamo ricordare che chi scrive on line non usufruisce di finanziamenti pubblici e che l’istruttoria aperta illo tempore dall’Antitrust, per la disparità di trattamento esistente tra le testate Web ed i quotidiani cartacei, è finita a tarallucci e vino. Ci piacerebbe sapere cosa pensa in proposito la Fnsi.

Antonio Bertinelli 19/9/2009

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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