vecchi pensieri 24 (Lettera aperta a Paolo Guzzanti)

Lettera aperta a Paolo Guzzanti

Gentile Guzzanti,
nel leggere della multa risibile comminata dall’Antitrust a due società che vendono servizi di telefonia il mio pensiero è andato al suo desiderio di Rivoluzione, tanto legittimo quanto velleitario. Anche nel caso della sanzione citata, come per molti altri che riguardano i rapporti tra gli Italiani e il potere, che sia pubblico o privato, emerge come tali rapporti siano incentrati esclusivamente sulla forza. Il Diritto, scritto e riscritto frequentemente secondo i dettati di potenti consorterie, non salvaguarda quasi mai i cittadini. Siamo alla mercè di lestofanti che, dopo aver collocato in tutti i punti nevralgici delle istituzioni e dell’informazione i loro fiduciari, spingono le masse ad assuefarsi a qualunque tipo di angheria e, nel contempo, coltivano in esse l’idea che il rispetto per il prossimo o la correttezza in genere siano cose da fessi. Meglio conformarsi e cercare il successo a qualunque costo; la prevaricazione non è forse endemica? Dato lo stato di coma profondo indotto scientemente nell’apparato giurisdizionale (le latitanze e gli interventi politici a suo danno non sembrano finire mai) qualunque giovane capisce presto che è meglio rubare, truffare, inventarsi una posizione parassitaria e farsi giustizia da soli; insomma già prima dei vent’anni si sa che c’è spazio solo per i furbi mentre tutti gli altri sono destinati a soccombere. Gli onesti, quelli che si pongono il problema morale, quelli che sono fuori dai soliti giri mafiosi, quelli che amano camminare con la schiena dritta e non accettano di corrompere o di venire corrotti, quelli che non sono in vendita, restano ai margini o finiscono in rovina. I poteri forti non risparmiano nessuno, colpiscono sia l’imprenditoria tradizionale che i salariati, sia la carriera che la vita privata di ogni cittadino, sia i lavoratori che i pensionati, sia gli anziani che i giovani, e forse ancor peggio questi ultimi. Per rimanere in tema di potentati economici e finanziari, e segnatamente di telefonia, una legge, seppur scalcinata, che dia il via libera a cause collettive risarcitorie contro le società è di là da venire. Quando un’ipotesi di legge lede interessi consolidati difficilmente arriva in porto. Rammento ancora le traversie ultradecennali che hanno accompagnato il cammino parlamentare di quella che divenne poi la legge 54/2006 (affidamento condiviso dei figli di coppie separate) e rilevo la sua frequente disapplicazione in sede giudiziale.
Migliaia di piccoli e medi imprenditori sono falliti sotto i colpi della globalizzazione, decine di miglia di dipendenti sono in cassa integrazione o sono rimasti del tutto privi di reddito, ci sono milioni di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, le nuove generazioni, quando non trovano occupazione nei call-center, faticano a farsi strada, ma le grandi società hanno prosperato e prosperano sia grazie al vecchio che al nuovo ceto politico. Le società di telecomunicazioni, tra cui spicca chi ha il monopolio delle linee, e che quindi può disporre di una sorta di diritto di veto nei confronti di qualunque potenziale cliente, operano senza impacci. Possono distaccare senza preavviso un’utenza, possono creare la morosità di un cliente a sua insaputa, possono “vendere” il presunto debito dell’abbonato ad una società di recupero crediti, possono dare poca o nulla assistenza tecnica, possono decidere la qualità del servizio, possono aumentare le tariffe e darne comunicazione attraverso un semplice SMS, possono tenere sotto controllo i tabulati e le conversazioni telefoniche di chiunque. Eppure sembrano non esistere. Qualunque imprenditore individuale risponde in una sede e con la sua faccia per l’attività che svolge, le società che vendono servizi (?) di telefonia, rispondono con messaggi registrati e voci intercambiabili; hanno come recapito una casella postale. Gli operatori forniscono spiegazioni ed informazioni mutevoli. I tentativi di comunicazione dell’utente seguono le stesse regole del gioco dell’oca ed hanno le stesse probabilità di successo che si possono coltivare partecipando ad una lotteria. Dalle caselle di posta non si ottengono risposte. Non ci sono sedi e non esistono responsabili a garanzia dei diritti della clientela, che è solo una mucca da mungere. Queste società possono fare di tutto, inclusa la vendita di servizi che non sono in grado di fornire, senza che il cittadino possa evitare di rimanerne vittima. Certo si può percorrere la strada della causa civile, lunghissima, irta di ostacoli, fatalmente dispendiosa e dagli esiti incerti. Quante persone, per le poche migliaia di euro relative al danno subito, probabilmente per il distacco del telefono, hanno poi la voglia di imbarcarsi nell’avventura giudiziaria? Non è forse meglio pagare una “tassa” di 97 euro, così come chiede una di queste società, per ottenere il diritto al “rientro” tra i suoi fortunati utenti?
Caro Guzzanti, avrei potuto “provocarla” con tanti altri argomenti. C’è abbondanza di furbi che imperversano ovunque si prospetti la possibilità di fare affari a danno del prossimo e sulle spalle dei contribuenti. Mi sono soffermato su uno dei servizi di pubblico interesse, di particolare attualità sia per me che per altri amici, solo per dare una pennellata su un quadro che ben rappresenta un’Italia allo sbando, dove l’incertezza diffusa e lo strapotere dei grandi gruppi societari sono ormai le uniche certezze rimaste. Sono con lei nel ritenere che la libertà poggi soprattutto sulla libertà d’informazione. Anche perché noto gli effetti devastanti sui tanti cervelli lobotomizzati a suon di bugie, slogans da capagne elettorali, TV e stampa spazzatura (inclusa quella antigovernativa), penso anche io che una Rivoluzione sia ormai improcrastinabile, ma lei non ha un esercito e neanche una pur piccola brigata per garantire una ventata d’aria pulita ai tanti Italiani che mal sopportano il putridume in cui affoga il Paese. E nulla possono le idee e le buone intenzioni dei tanti che frequentano il suo sito contro l’arroganza di chi vede nell’abnorme accumulo di denaro o nel mero esercizio di un qualunque potere l’unico senso da dare alla propria vita. Il suo blog, che mio malgrado non riesco a leggere da tempo, può servire a tanti scopi e magari servirà pure a far “schedare” paranoicamente chi la segue nel suo sogno “rivoluzionario”. Mi permetta di dire che sarebbe meritorio se da quelle pagine iniziasse a suggerire ai giovani l’idea di andare a costruirsi un futuro altrove. E’ rimasto ancora qualche posto dove è possibile vivere senza subire le nefandezze di certa politica, senza subire i modelli imposti da un’economia e da una finanza eminentemente predatorie.

Antonio Bertinelli 17/2/2009

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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