vecchi pensieri 23 (Welfare e Falso Liberismo)

Welfare e Falso Liberismo

Stiamo passando dalla padella alla brace, ovvero dall’attività preordinata alla realizzazione di interessi essenziali garantita dallo Stato alla liberalizzazione di tutti i servizi di interesse generale. Nel combattere, a ragione, l’apparato di potere della gestione pubblica, con annessa creazione di serbatoi elettorali e sperpero di risorse, stiamo approdando all’isteria privatistica, per concentrare sempre di più i servizi e così dare spazio agli interessi dei grandi investitori. L’intervento dello Stato era giustificato dal perseguimento di tutte quelle finalità sociali espresse dalla nostra Costituzione, a volte con la conduzione diretta, come nel caso delle Ferrovie, altre volte tramite la creazione di concessionarie, come Alitalia, Sip, Rai, Autostrade, ecc. Fino agli anni ottanta del XX secolo tutti i principali servizi di utilità comune sono stati garantiti, in varie forme, dallo Stato, che ne indirizzava e regolava lo svolgimento in funzione delle esigenze collettive. O almeno così avrebbe dovuto essere in assenza dei vari interessi di bottega che hanno finito per soffocare lentamente ogni Istituto statale o parastatale. Dagli anni novanta, il mutamento del quadro politico, le spinte della globalizzazione e il processo d’integrazione europea si sono imposti per una revisione dei rapporti tra Stato ed economia. Se da una parte bisogna prendere atto del sistema clientelare e totalmente deficitario che ha interessato l’amministrazione della Cosa Pubblica, con le tangenti, i danni erariali, gli intrallazzi ed il malaffare, dall’altra si deve riconoscere che c’era un tempo in cui all’utente delle FS, della Sip, della Sanità, delle Poste, delle Autostrade e di tanti altri Enti veniva assicurata una qualità di servizi oggi del tutto inarrivabile. Da quando le Ferrovie sono state privatizzate sono morti 52 macchinisti e i pendolari viaggiano nelle condizioni in cui viaggiava il bestiame prima che nascessero le associazioni di animalisti. La privatizzazione della Telecom ha portato alla scomparsa dei furgoni degli operai che si occupavano della manutenzione delle linee, e quindi il servizio telefonico, ma non solo per questo motivo, è diventato fonte di inenarrabili e ricorrenti odissee. Il Servizio Sanitario esternalizzato è spesso regredito; i dipendenti ci hanno rimesso e alla fine le ASL, invece di risparmiare, hanno speso somme maggiori rispetto a quelle che spendevano prima; è ormai pacifico che il SSN obblighi a liste di attesa impossibili, anche al Pronto Soccorso. Le Poste, che ormai vendono di tutto, persino elettrodomestici, e sono all’avanguardia dell’innovazione tecnologica, ma nei cui uffici il personale è scarso rispetto al numero degli utenti, non assicurano più la regolarità del sevizio postale. Ne è un esempio l’esternalizzazione fatta a Milano, dove è stata incaricata della distribuzione della corrispondenza una società che prima si occupava di manutenzione di cimiteri e di derattizzazioni. E’ aumentata così la mole di raccomandate andate perdute o non consegnate (attualmente sono 35000 quelle in giacenza). Con la quasi totale eliminazione degli addetti sono diventate usuali le file interminabili ai caselli autostradali, che si aggiungono al rischio di rimanere “intrappolati” a causa di qualche problema tecnico relativo all’emissione del tagliando o alla riscossione automatica del pedaggio. Siamo passati attraverso l’opera di demolizione capillare realizzata dentro le Istituzioni, che ha visto alternarsi dirigenti della destra e della sinistra fin dalla seconda metà degli anni novanta, fino ad arrivare al totale smantellamento dello Stato. Secondo i disegni del legislatore, gli Enti Pubblici non avevano il fine di conseguire utili, ma dovevano essere al servizio della comunità. La pessima conduzione, che ha visto la nave affondare, ha visto anche i suoi “ufficiali” darsi alla fuga, esigendo compensi da capogiro. E’ stato spezzato il filo conduttore che doveva valorizzare in termini di sussidiarietà il rapporto tra Stato e società. All’interno dello Stato le forze del nichilismo politico e della finanza allegra si sono date libero convegno e cruenta battaglia. Hanno vinto i fautori dell’antistatalismo a trecentosessanta gradi, ma la privatizzazione delle aziende pubbliche non ha portato benefici, anzi ha prodotto perdite economiche gravi, il peggioramento della qualità dei servizi e l’aumento dei costi per l’utente. Oggi le responsabilità dei dissesti che vengono prodotti sono ancor più difficili da individuare perché si formano scatole cinesi, in cui ogni società appalta un pezzo del servizio ad un’altra società e alla fine sembrano esistere solo aziende acefale ed inefficienti. Quella Cosa Pubblica, irresponsabilmente spezzettata e amministrata come tanti feudi, non poteva funzionare, ma ci sembra che questo genere di privatismo stia fornendo esempi peggiori. Chi ne paga le conseguenze sono i cittadini. La complessità degli scenari in cui viviamo fa emergere una realtà particolarmente critica, che diffonde la propensione all’ignavia e l’abbandono alla corrente delle convinzioni preordinate. Ed ecco arrivare, nel sensibile vuoto di grandi personalità politiche, l’uomo del destino, il quale, attraverso il suo ministro dell’economia, pensa bene di tramutare anche l’acqua, da bene pubblico essenziale, a merce da affidare alle multinazionali. La legge degli affari viene applicata a tutto e così anche il soddisfacimento di questo bisogno primario finirà per dipendere dalla volontà dei signori dell’acqua. Mentre gli USA “riscoprono” le teorie di J.M. Keynes e si apprestano a correggere gli effetti di un liberismo senza regole con massicci interventi statali, noi, senza guardare magari alla vicina Francia, dove la privatizzazione dell’acqua ha fatto decollare i prezzi e collassare la qualità, neanche ci curiamo di prendere nella debita considerazione il “Manifesto dell’Acqua” lanciato a Lisbona nel 1998. Non bastava l’esperienza siciliana che ha sempre visto le mafie “petrolizzare” l’acqua a danno degli isolani. Anche su scala nazionale, in questo settore, vedremo la nascita di monopolii ed oligopolii. Da molti anni è in atto una crisi morale aberrante che ha contribuito pure al tracollo e allo smembramento dei servizi pubblici, ma il liberismo, senza un vero sistema concorrenziale e senza il ruolo equilibratore degli Stati, rischia di diventare esiziale. “Nell’epoca dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”, e noi, nel parafrasare Gorge Orwell, dobbiamo riconoscere che l’Impero del Potere è il vero soggetto che dispone l’inutilità degli esseri umani tramite un ordine economico che vuole prosperare a scapito di tutti. E’ sano liberismo o è una grave anomalia che pochi incasseranno il prezzo imposto all’acqua (cresciuto del 300% in alcuni comuni dove è già stata “privatizzata”), mentre le reti idriche resteranno in mano pubblica, con i costi di manutenzione a carico dei cittadini? Non c’è storia di uomo potente che, superati certi limiti, abbia potuto poi sottrarsi all’ineluttabile destino della sconfitta. E’ sempre esistito, una specie di patto tacito tra il re e i propri sudditi, ossia che i successi siano condivisi, ma che i fallimenti abbiano un solo capro espiatorio.

Antonio Bertinelli 14/12/2008

Pubblicato da antoniobertinelli

Melius cavere quam pavere

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