Maschere
Il 20 maggio 1882, a Vienna, Austria-Ungheria, Germania e Italia firmano la Triplice Alleanza, accordo che prevede il reciproco aiuto in caso di invasione da parte di nazioni nemiche. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’Italia decide di non intervenire. Il 26 Aprile 1915 firma il Patto di Londra, il 3 maggio del 1915 ripudia i precedenti alleati e il 24 maggio dello stesso anno scende in guerra a fianco dell’Intesa. Il cambio di campo garantisce che, in caso di vittoria, l’Italia ottenga l’assegnazione di Trento, di Trieste, dell’Alto Adige, dell’Istria, della Dalmazia e di alcune colonie tedesche in Africa. Il primo novembre 1936 Germania e l’Italia annunciano la creazione dell’Asse Roma-Berlino. Il 25 novembre 1936 Germania e Giappone firmano il Patto Anti-Comintern. L’Italia si unisce a loro il 6 novembre 1937. Il 22 maggio 1939 Germania e Italia, per rafforzare l’alleanza dell’Asse, firmano il Patto di Ferro. Il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Gemania. L’8 settembre 1943 l’Italia si arrende agli Alleati e, dopo tale data, comincia la cosiddetta guerra di liberazione contro i tedeschi. Il cambio di campo, dopo una sanguinosa guerra civile, ci fa assurgere al rango di protettorato statunitense per tutti gli anni a venire. Il 30 agosto 2008 Libia e Italia firmano un Trattato di Amicizia di cui sicuramente né il Popolo italiano, né quello libico sentivano il bisogno. Il 3 febbraio 2009 il Senato ratifica definitivamente il patto di cooperazione tra i due paesi e la maggioranza esulta. In seguito ai sommovimenti libici, il 19 febbraio 2011 Silvio Berlusconi dichiara che non intende disturbare il suo amico Mu’ammar Gheddafi. Ieri Franco Frattini ed Ignazio La Russa, ottenuto il via libera del Parlamento, dichiarano che l’Italia è pronta per concedere le basi militari, e non solo, ai volenterosi che agiranno sotto l’egida delle Nazioni Unite. “L’intera comunità internazionale è assolutamente coesa sul principio che Gheddafi deve lasciare”, argomenta giulivo il titolare della Farnesina neanche sfiorato dall’idea che il voltafaccia del governo italiano sarà considerato insopportabile dal rais, prima avventatamente osannato e poi scaricato in nome della consueta democrazia da esportazione autorizzata dall’Onu. In Italia pochi eccepiscono, e ce ne sarebbero di motivi. Tralasciando il disdoro di un Paese dissennatamente governato, tra l’altro, avvezzo da sempre a cambiare alleanze e patti con estrema nonchalance, tacendo per carità di patria lo scarso credito internazionale di chi comincia una guerra da una parte per poi finirla dall’altra, si potrebbero fare almeno un paio di considerazioni. L’art. 11 della Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. La Nato è stata costituita per “tutelare” i paesi che, in rapporto alla spartizione del mondo decisa a Yalta, tra Usa, Urss e Inghilterra, furono posti sotto l’ombrello anglo-americano. L’Unione Sovietica non c’è più, ma la Nato, sotto la direzione degli Usa, è diventata lo strumento principe per promuovere gli affari, ammantati di principi democratici, delle multinational corporations. La tragica messa in scena dei problemi interni alla Libia, velocemente trasformatasi in rivolta armata contro il dittatore, serve esclusivamente per mettere le mani sulle sue ricche fonti energetiche. Tutto il resto è fuffa mediatica, ottima per far trangugiare ai gonzi un’altra missione staticida ordinata dalla quella criminalità organizzata definita “comunità internazionale”. E’ il solito copione che serve all’esercito yankee ed ai suoi alleati per occupare il quadrante geopolitico resistente all’espansione imperiale. L’Iraq e l’Afghanistan sono solo due dei paesi persi nella nebbia delle rapine realizzate massacrando civili, bombardando depositi di viveri, acquedotti, vie di comunicazione, distruggendo villaggi, colture e armenti. Mentre si addita al ludibrio dell’opinione pubblica il despota libico, del tutto incurante della legalità internazionale, Israele occupa territori altrui, bombarda chi si oppone alla sua invasione, imprigiona arabi e palestinesi. Nello Yemen, nel Bahrein, nell’Oman monarchi assoluti sparano su folle inermi senza suscitare lo sdegno dello zio Sam che, tanto preoccupato per il destino degli insorti libici, non si fa scrupoli nel tenere in piedi narco-Stati o utili satrapi là dove e fino a quando lo ritiene conveniente. La realpolitik deve offrire un’immagine accattivante alle carognate, ma siamo certi che il vecchio beduino trangugi il calice amaro della detronizzazione senza trascinare qualche altro nella sua caduta? Per adesso le rivoluzioni abortite del Maghreb registrano un esodo quotidiano, per alcuni un vero business, che la situazione economica dell’Italia non è in grado di fronteggiare a lungo. L’entusiastica inversione di marcia degli indefettibili pupazzi, di cui il Paese migliore farebbe volentieri a meno, ci appare carica di rischi. Se Gheddafi regolasse i conti direttamente col guascone d’oltralpe, dimentico che la sua campagna elettorale è stata in parte finanziata dalla famiglia del rais, con il prode guerriero che alloggia al n.10 di Down Street, con l’istrione brianzolo e con i suoi quaquaraquà, con i banchieri internazionali che hanno congelato i suoi beni e quelli dello Stato libico o con personaggi della sua stessa razza non ce ne faremmo un cruccio. Tutti i maggiori media hanno taciuto che, dal 2003, in Iraq, il governo fantoccio, gli squadroni della morte e gli invasori hanno ammazzato trecentocinquanta giornalisti, ultimamente ne hanno veementemente presi di mira centosessanta e l’11 marzo ne hanno picchiati alcuni che seguivano a Baghdad un grande corteo organizzato contro l’occupazione straniera. Gheddafi sarà pure un tiranno che signoreggia da un quarantennio e che ha creato un sistema di potere dinastico, ma i promotori della libertà, il loro giannizzeri, i buffoni travestiti da governanti, in carica o in nuce, accompagnati dai trombettieri dell’informazione, dagli ascari al traino dell’espansionismo anglo-americano, ormai tutti compressi nel ruolo di salvatori della Libia, non si preoccupano delle devastazioni che produrranno gli eserciti invasori o che le vittime di una probabile vendetta gheddafiana potrebbero essere degli italiani o degli europei innocenti. In fin dei conti per la strage di Ustica i responsabili sono rimasti nell’ombra, nell’attentato di Lockerbie non è morta la dama di ferro, il crollo delle torri gemelle del World Trade Center non ha travolto l’etablissement economico-politico americano.
Antonio Bertinelli 19/3/2011